Il re perduto
“Gli iracheni vedono le cose da un punto di vista diverso dal nostro. Prima di ogni altra cosa, una sorta di corrente magnetica trascina qui i vivi e i morti. Mentre noi, viaggiatori occidentali, tentiamo con difficoltà di ricostruire le vicende degli antichi abitanti della Mesopotamia, gli iracheni ne parlano con grande semplicità, considerandosi i loro diretti e rispettosi eredi. Vorrei sottolineare che la continuità della memoria e del tempo non sono state scalfite né del Cristianesimo, né dall’Islam. Non ci sono state conquiste, né rinunce di alcun genere. Così come la terra assorbe uragani e stagioni, l’Iraq ha assimilato nel proprio tessuto genti di passaggio, guerrieri o viaggiatori. Li ha fatti suoi, ma sempre restando se stesso, cioè sumero, babilonese. Non considerate mai l’iracheno come un uomo ingenuo, pronto a chinarsi davanti ai miracoli della vostra scienza. Non è ancora nato colui che riuscirà a stupire l’iracheno: egli proviene da molto lontano, proviene dal Diluvio…”
(Pierre Rossi, Irak, le pays du nouveau fleuve, Ed. Jeune Afrique, 1980)
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