Senza titolo 2013 #7
9 dittici, cm 30 x 60,5 x 0,4 ciascuno, stampa plotter a cera, dibond.
Il caso o l’errore possono essere potenti stimoli per ogni ricerca...Certo non tutti gli errori portano a qualcosa ma, a partite da una certa data, spesso mi è capitato di trovarmi a guardare il mio lavoro e scoprire che, inaspettatamente, mi indicava una direzione inattesa da seguire.
Ed è anche grazie a questa particolare attenzione che ho potuto a mettere a fuoco il cuore della mia indagine, la quale si articola tutta intorno alla ripetizione e alla ricerca delle minime differenze, minime differenze che mi sembrano importantissime ed esercitano su di me un fascino molto particolare, una sorta di misteriosa rivelazione.
A parte poche eccezioni, quindi, il mio lavoro consiste in gran parte nella realizzazione di immagini accostate in dittici solo apparentemente uguali, nel tentativo di indurre chi le guarda ad indagarle più accuratamente, a soffermarsi, a scoprirne le piccole variazioni.
Nel caso di Lapsus, mi è sembrato di poter interpretare l’errore come riferito allo specifico della fotografia, cioè ai suoi aspetti tecnici fondamentali, senza entrare qui nel dibattito su fotografia analogica e fotografia digitale: esposizione, messa a fuoco, profondità di campo, prospettiva, inquadratura e, non ultimo, i processi chimici - oggi tradotti, appunto, in termini digitali dai software di post produzione.
Per questo motivo il lavoro che presento è costituito da una serie di fotografie scattate durante una nevicata, in cui sfrutto l’errore, molto comune nell'uso del flash, il quale, non ricaricandosi in tempo utile allo scatto veloce, può non scattare causando così un'errata esposizione dell'immagine..Ho poi accostato in dittico le immagini così ottenute, ad immagini correttamente esposte, volgendo le prime, quelle "sbagliate", in negativo, al fine di ottenere ancora una volta un effetto di sfasamento della percezione, una richiesta implicita di attenzione.
Il titolo, come molti miei, è un semplice “Senza titolo”, seguito dalla data e dal numero progressivo, a indicare che ogni mio lavoro è parte di un unico discorso.
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