sotto le luci del teatro
a cura di S. ferrari
Persegue una continua evoluzione, la pittura di Greta Catellani, esprimendo passione gioiosa, ancorché rigorosa, indotta dall’amore per l’arte, che le guida la mano nella composizione di figure ispirate all’anima, oltre che alla forma. Quali ad esempio i ritratti, che si spingono al di là della mera somiglianza fisica, rispettata fin nei dettagli, cogliendo inoltre i più intimi pensieri, svelati da sguardi diretti o distanti, meditativi o ironici, sempre tuttavia intensi nella loro tangibile vitalità.
E’guidata, chissà, da un daimon, come lo intendevano i greci, qualcosa a metà tra umano e divino che sceglie a chi dispensare talento e abilità, doni ai quali non si può sfuggire. E in effetti Greta Catellani non fugge, anzi, presta orecchio a quegli ineffabili sussurri, riportando sulla tela volti e figure dai forti contrasti, dalle intense sfumature che ricordano i maestri fiamminghi del passato. Questa giovane pittrice, che ha solide e ben individuabili basi tecniche rese poi fertili e produttive da studio autodidatta, sempre alla ricerca di nuove forme espressive, realizza lo sviluppo di ogni possibile concetto.
Ecco dunque apparire, con pennellate sicure eppure pervase di dolcezza, i paesaggi tanto cari alla nostra più radicata tradizione pittorica, con montagne e sfondi di cime lontane, casali di campagna e tratti più sfumati, meno definiti, come se una prima nebbia si fosse alzata, sul finire dell’estate, vaporosa e appena percettibile all’occhio.
Tuttavia, lungi dallo sclerotizzarsi su stili e soggetti, l’artista spazia in ogni ambito e ancora cerca e ancora sperimenta e ancora segue il suo istinto e la sua inclinazione, che la portano ad esplorare il campo dei sentimenti più profondi e legati alla sua stessa famiglia: l’affetto per la nonna, nata negli anni Venti.
Proprio a questo periodo affascinante, intriso di cambiamenti profondi dal punto di vista storico, culturale e sociale, si ispira l’ultima produzione di ritratti, tutti imperniati su bianco e nero, in un gioco di sfumature che ricorda il cinema di quegli anni, in cui gli effetti speciali erano dettati dalla maestria di cineasti che plasmavano luce e ombra quasi fossero materie solide. E’ ciò che emerge dalle tele di Greta Catellani che, in omaggio al periodo giovanile della nonna, offre nuova vita a dive del passato, come l’indimenticabile Greta Garbo che posa, raffinata e irraggiungibile, osservando gli astanti con occhi socchiusi.
Sempre ispirandosi agli anni Venti, la pittrice ritrae soggetti floreali, con tratti netti, precisi, così come lo sono le tonalità scelte, anche in questo caso due, tre al massimo, senza troppe sfumature e con contrasti netti, che tuttavia esprimono e ispirano quella tenerezza e, sì, quello stupore, che solo il fiore, espressione forse più poetica della natura, riesce a suscitare.
Anche in questo caso, le pennellate di esemplare sicurezza sono riuscite a rendere omaggio all’anima, attraverso una rappresentazione che l’occhio esamina, ma la psiche percepisce, beandosi di una pace misteriosa e profonda, perdendosi tra petali profumati.
Già più volte apprezzata nell’ambito di esposizioni e concorsi, la sensibilità di Greta Catellani è indubbia e, unita alla sua ormai assodata capacità tecnica, ci rende partecipi di un mondo intimo e variegato, raggiunto tramite la forma e le immagini riportate con sicura delicatezza sulle tele, utilizzando l’iride e il tratto.
Che non zittisca mai i bisbigli di quel daimon, che non rinunci mai alla sperimentazione e alla molteplicità, che non desista mai dal seguire l’inclinazione entusiasta che la domina, cosicché possiamo ancora perderci nel suo universo tratteggiato dai pennelli, scaturito da intensità e passione.
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