"Tota pulchra es Maria"
fotografie di Maria Francesca Tirelli
Il reportage di una festa improvvisata nelle strade del cuore infranto de L'Aquila, fa mettere inevitabilmente in conto la difficoltà di cogliere i contorni netti e stabili di corpi e spazi, le precise linee di fuga da inseguire o a cui allinearsi, soprattutto se probabilmente non ce ne sono nemmeno nella realtà rappresentata nel progetto fotografico di Maria Francesca Tirelli.
Folla baccante che danza sulle macerie, edifici irretiti in abbracci di ferro, spazi occupati impropriamente da impalcature che traballano, tremano e tramano contro la tranquillità di cittadini senza più casa, ma che appendono le chiavi alla speranza di tornare presto ad aprire le proprie porte alla vita: ecco cosa mostrano gli scatti di "Tota pulchra es Maria" realizzati a L'Aquila nell'estate del 2011 con lo sguardo stanco e distratto, dopo una giornata intensa di emozioni e azioni nella città devastata.
Gli errori di messa a fuoco sulla folla, come sulle chiavi sospese dalle impalcature, rievocano e tradiscono un senso nemmeno cercato al momento dello scatto, denunciando qualcosa che oltrepassa la stanchezza immediata dell'occhio o della mano.
Dalla gioia della folla in festa in piazza (Foto n.5), in un attimo si corre al ricordo della fuga nelle medesime strade. La frenesia della danza sublima il tempo della paura, conservando con sé il ritmo di un tremore intimo inestinguibile.
Invece, dalla tintinnante installazione delle chiavi appese in attesa di tornare utili (Foto n.2), si genera un fenomeno creativo più complesso ed intrigante dell'evocazione della memoria, con altrettanto rovesciamento catartico emozionale. Una visione "magica" e benefica appare sovrapposta alla regolare ed effettiva realtà. Grazie all'errore di messa a fuoco del fotografo, lo spettatore sospende la regolare visione diretta della realtà e assiste all'apparizione di una nuova sorprendente configurazione da contemplare con meraviglia. Scompare l'ingenuità, il cinismo, l'angoscia della visione "prima", per fare spazio in un colpo d'occhio istantaneo e "sorridente" ad un nuovo stato di cose, più interessante, magari più edificante, illusorio ma ugualmente autentico. E' più facile comprendere questo concetto ricordando la verso "il bello è brutto e il brutto e bello" delle streghe di Shakespeare in MacBeth. E come accade di fronte ad un gioco di prestigio o a un'illusione ottica - di cui si è ovviamente consapevoli dell'esistenza di un trucco che riconduce e riduce il gesto magico alla semplice normalità - si preferisce assecondare il "trucco", per salvare il sorriso di stupore leggero che emerge spontaneo e naturale sul volto di chi guarda e si fa soggiogare coscientemente dall'illusione.
Dagli evidenti errori del fotografo si dischiudono così nuove visioni del reale o super-visioni evocative e creative. E nel caso specifico, per cogliere anche il senso latente e non troppo lontano dell'errore alla base della tragedia aquilana per la superficiale o disonesta negligenza umana, il passo è breve.
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