“Vuote cattedrali di specchi, torri d’avorio scuro, castelli in dolcissimi frantumi. Che bell’inganno sei, mia disperata fortezza. E che grande il tuo tempo, che solitudine. Dipingo un incendio d’intenzioni, un sottosquadra di malinconia. Guardo attraverso protezioni che tutto infrangono tranne la bellezza, incompiuta, d’uno sbaglio. Resiste un assedio di ruggine, polvere e rimpianti. Colgo una luce non vera, un riflesso mai spento: un trono piegato al cospetto del giorno, al mistero della notte. È un susseguirsi d’ingranaggi immobili, d’eterni echi d’estate, autunno – gelidi trionfi d’inverno. Resterai così per sempre, nel tuo disperato passare, trafitta da venti ch’intonano sinfonie inudibili – sei dolcissima, ancora, l’unica – il mio errore.”
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celeste,
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