OCCHI NON VEDAN COLPE
Ancora una volta al centro dell’opera artistica di Tiziana Sala c’è una profonda sensibilità ed attenzione alle tematiche sociali ed ambientali.
Una rappresentazione iconografica di forte impatto emotivo che pone l’accento sull’azione distruttiva e letale causata dall’amianto di cui nella tela è visibile una traccia nella fibra che campeggia sullo sfondo.
L’amianto è un minerale dotato di grande resistenza al calore data la sua struttura fibrosa e pertanto si presta ad un ottimo utilizzo come materiale da costruzione e tessuti da arredamento ma la sua ormai accertata nocività per la salute ne ha portato il divieto d’utilizzo.
La figura di fanciulla, da sempre nella storia fonte di vita e di rigenerazione, è protagonista in quest’opera. Consapevole della verità assoluta si copre gli occhi a ricordare come l’azione dannosa dell’amianto è invisibile all’occhio umano ma il suo effetto nocivo è espresso nitidamente nella sua fisionomia. La condizione di profonda sofferenza traspare dall’urlo di dolore e di paura che campeggia su uno sfondo cupo.
La tela è capovolta proprio per sottolineare, con maggiore veemenza, la situazione di disagio che colpisce l’essere umano, un incubo dal quale si spera presto di risvegliarsi.
La fanciulla sta per essere assorbita dal vortice tumultuoso ma cerca di opporsi con tutte le sue forze a quell’inevitabile destino che l’attende. Con la mano, unico strumento che le rimane, essendo ormai inerme e senza speranza, cerca di fermare l’inarrestabile ciclone che si stanzia in corrispondenza dei polmoni, organo colpito dal mesotelioma, malattia causata dall’inalazione dell’amianto.
Significativo è anche l’utilizzo di tinte cromatiche differenti. La figura di donna, vittima dell’inarrestabile progredire della malattia, ha il braccio cinto da lembi colorati di tessuto di cui il rosso ne simboleggia il suo sangue.
“Occhi non vedan colpe” nasce come monito per la società odierna sensibilizzandola sugli effetti patologici dell’amianto e promuovendo il rispetto dell’ambiente nel quale viviamo.
Vincenza Rubini
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