Et in Arcadia ego
“Et in Arcadia ego” è un’iscrizione, forse del poeta latino Ausonio, riprodotta in alcuni importanti dipinti del ‘600, fra cui l’omonimo dipinto del Guercino. Essa appare anche come iscrizione tombale in un dipinto “I pastori di Arcadia” del pittore francese Nicolas Poussin. La frase può essere tradotta letteralmente “Anche in Arcadia io”, dove et sta per etiam (anche) e viene sottinteso sum (sono stato) o eram (ero). La frase nella sua interpretazione prevalente è un memento mori, pronunciato dalla Morte personificata. L’espressione intende ribadire l’ineluttabilità della morte, presente anche in Arcadia, regione della Grecia meridionale, identificata dai poeti come luogo di una ipotetica età dell’oro dell’umanità e patria ideale di un’umanità felice. La scena mostra una pastorella in una rigogliosa campagna mentre osserva pensierosa un anonimo sepolcro recante la citata iscrizione. Il fulcro della composizione è rappresentato dal triangolo passato-presente-futuro. Le maschere della gioia e della tristezza incarnano i due volti compresenti della vita passata e ricordano i celebri versi tratti da “Il profeta” di Gibran Kahlil Gibran: “La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera. E’quello stesso pozzo che fa scaturire il vostro riso fu più volte colmato dalle lacrime vostre. […] Più a fondo vi scava il dolore, più gioia potete contenere.” La pastorella che assorta guarda attentamente il sepolcro rappresenta il presente e infine il sepolcro stesso soffuso di verde speranza allude al nostro futuro.
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