La scelta della realtà - il cielo sopra Berlino
L’insieme della costruzione pittorica viene ulteriormente valorizzato proprio da questo confronto della parte incisa con quella colorata, una comparazione evidente che rispecchia la nostra interiorità dove i solchi del dolore e delle passioni contrastano nettamente con la nostra gioia di vivere e con la nostra voglia di felicità.
Tale dualismo deve essere letto anche come un passaggio da uno status primordiale ad uno illuminato dove la luce ed il colore hanno valenza di rivelazione ed aspirazione ad una crescita interiore continua ed irraggiungibile poiché l’uomo non potrà mai nella sua limitatezza raggiungere la perfezione.
Perfezione a cui, nel film, l’angelo Daniel rinuncia per calarsi in una volontaria condizione umana che soltanto allora, condividendo appieno con gli uomini le sensazioni terrene gli permetterà di gustarne la loro terribile contraddittorietà, acquisendo così la completa presa di coscienza della caducità di tutte le cose e la loro transitorietà.
Se volessimo usare un parallelismo dotto, lo stesso Botticelli, nella sua “Nascita di Venere”, aveva già evidenziato il limite temporale come mezzo per assaporare ed ammirare la parabola di tutto ciò che, se fosse eterno, verrebbe percepito come usuale e poco gratificante.
Ancora una volta, Giovanni Mazzi ci porta a riflettere su di un tema a lui molto caro: la condizione umana e le sue poliedriche sfaccettature.
L’unità costruttiva di forma e contenuto di quest’opera permette ad ogni fruitore di usarla come cartina di tornasole per analizzare il proprio sentire ed il proprio essere: quello che dovrebbe essere il principale compito di un artista.
Enrico Guarnieri
Commenti 2
Inserisci commento