Calvario dell'umanità
Fiori colorati che, posti al centro dell’opera, lasciano spazio ad uno scenario, potremmo dire, spettrale, dove il dolore e l’incertezza vengono espresse dal paesaggio spoglio, mentre le croci e la figura umana quasi stilizzata, in atto di porsi una corona sul capo, sono gli elementi che evidenziano in Salvatore Gerbino le dimensioni esistenziali dell’uomo. Le variazioni tonali del colore e del soggetto diventano genesi di una figurazione che assurge ad un connotato simbolico e si fanno espressione di un insieme metafisico, dal momento in cui l’unica traccia ben definita oltre i fiori sono le torri. Salvatore Gerbino varca la soglia del reale per cogliere l’esistenziale, offrendo al fruitore una dimensione onirica, che non trascura il fascino figurativo e simbolico. I punti focali dell’opera sono diversi: la figura umana centrale, le croci appena tracciate, il paesaggio desertico, gli alberi spogli che s’innalzano verso il cielo. In essi si concentra il contenuto visivo, in quanto evidenziano il mondo del dolore, delle spine, della croce, della sofferenza, ma anche della vita in contrasto con la morte. Gli uccelli, posti alla base della figura umana, ricordano il simbolo della forza che ispira gli uomini alla saggezza, e quindi il pensiero che li nutre e li innalza per raggiungere la conoscenza. Infine la corona che, oltre ad indicare la Maiestas domini, segna anche il passaggio simbolico ad una nuova condizione dell’esistenza, dal calvario delle esperienze alla serenità della vita. L’opera acutizza effettivamente la sensibilità dell’osservatore, che si concentra verso la figura centrale. Questa lascia risaltare il delicato cromatismo attraverso una convergenza timbrica e diventa forza espressiva, si fa punto cruciale dei penetranti messaggi attuali, quale il dolore dell’umanità.
ENZA CONTI,
critico d’Arte e direttore del Trimestrale “Il Convivio” – Castiglione di Sicilia.
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Dosio
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