1. Società in Reticolo (Berlino BGL 98)

1. Società in Reticolo (Berlino BGL 98)

MAPPA DI UNA SOCIETA’
CONFESSO! Le immagini che ho raccolto in questo progetto non sono state realizzate per l’occasione, ma costituiscono una selezione all’interno di più serie fotografiche realizzate in tempi e luoghi diversi (Berlino, Colonia, Roma, Londra) in questi ultimi due anni.
Tuttavia c’è un filo rosso molto forte che le lega. E proprio questo – cioè il fatto che in momenti e luoghi diversi la mia visione abbia “estratto” dalla realtà, non per caso ma con costanza, soggetti concettualmente legati e coerenti – credo sia la prova vera che il “progetto” esiste in me e, in qualche modo, quasi oggettivamente nel mondo.

E’ un progetto che ha proprie IDEE-BASE e un proprio LINGUAGGIO. Ma quali sono?
UNO. Questo nostro occidente capitalista finanziario cresce il proprio reticolo di connessioni (impalcature di tubolari), di linee (strisce di cemento), di vite (che si incrociano sulle piazze) in un modo che ci sovrasta, che spesso omogeneizza e disperde tutto (il grigio).
DUE. Abbiamo segni della memoria, che ci raccontano errori e sofferenze (solo come esempio: le finestre taglienti del Judisches Museum, gli angoscianti parallelepipedi del monumento all’olocausto, i muri vuoti di cemento, i palazzoni in stile sovietico che si affacciano come riflessi nella nostra memoria, i dolorosi e ribelli murali nella Kunsthaus del Tacheles) ma dobbiamo esercitarci a leggerli sempre, per non banalizzarli e digerirli come se fossero pubblicità (come nell’immagine londinese del muro con cartellone).
TRE. Spesso noi restiamo soli e smarriti, prigionieri e dubbiosi, confusi tra e da noi stessi: guardiamo di fronte con occhi invece persi dentro, ci muoviamo come in una gabbia, appariamo/scompariamo pensosi tra simboli di immani sofferenze, cerchiamo di correre altrove. Ci incontriamo nelle piazze, ma neanche noi sappiamo se abbiamo di fronte persone vere o soltanto ombre (come nella piazza di Colonia).
QUATTRO. Eppure lottiamo ogni giorno per non perdere la speranza. Stringiamo i nostri amori come lucchetti a una rete metallica. E questi lucchetti, visti dall’alto, sembrano quasi disegnare la planimetria di un’altra città, una città nuova e sperata di sentimenti.

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Commenti 1

Helga Kalversberg
12 anni fa
very good !

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