La lupa
La sazia e docile lupa, con i suoi neonati abbandonati gemelli fondatori e è oggi assunta a icona della città eterna. Forgiata in bronzo da remote e anonime mani etrusche, fu resa amorevole madre con l’aggiunta dei piccoli pargoli di Rea Silvia. L’oblio non appartiene a questa statua. La natura operosa e affaticata non l’ha voluta negare a noi altri. Le Parche le si sono sedute sulla groppa e neppure Atropo ha voluto reciderle il filo. Le Muse l’hanno donata a poeti come Livio e ai loro sc<x>ripta manent; e le parole, rimanendo fissate sulla carta, hanno dato voce alla città eterna , alla caput mundi che a fatica scenderà nel
dimenticatoio. Intatta giacerà, accresciuta e rinvigorita. Il Tempo non le concederà eguali. Poserà unica ed encomiabile sul suolo d’Italia. Non avrà altra patria né altro padre, figlia di Enea rimarrà. Ab urbe condita, Roma, aere perennior.
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