Love, by Memorial Mold

Love, by Memorial Mold

...Oltre a questo aspetto epidermico, le immagini di Alessandra Baldoni possiedono un giardino segreto, collegato al senso stesso di crescita: le sue ragazze sembrano essere uscite da poco da un bosco di favola nel quale si aggiravano con mantelli cremisi, in attesa che un destino si palesasse per loro e con esso si costituisse una ragnatela di reazioni. Le loro mani sembravano non voler abbandonare quel filo rosso che le legava a quell’uovo purissimo che si era schiuso partorendole; un filo che in realtà le collegava ad un destino mitologico che gli occhi giovani ed inesperti non riuscivano a distinguere nel fitto del sottobosco. Bambine che coprivano le punte delle loro dita con ditali rilucenti e solidi perché temevano di possedere artigli che potessero ferire. Col tempo e le esperienze tutto questo si è trasformato in maturità e una parte in più di quel filo mitico è stato percorso: basta con l’accettazione di una tradizione che le ghettizza per un’origine inventata dall’uomo che le ufficializza come appendici, giustificando il fatto con una storia maschilista che le vede nate da un umile frammento d’osso, che le costringe antropologicamente all’adattamento. Quelle di Alessandra Baldoni hanno spazzato via la favola per recuperare un ruolo di anime elette che camminano fiere al di fuori della consuetudine, forti di una scintilla primigenia che è nota come anima selvaggia. -Viviana Siviero-

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