Quest’opera segna l’inizio di un percorso in cui due esperienze artistiche parallele, quella figurativa e quella materica, trovano un punto d’incontro, una singolare, inquieta specularità. In questa coesistenza i due elementi diventano l’uno il sintomo patologico dell’altro. La terra che frana e che si sgretola trova riscontro nel volto umano, e le sue crepe prendono la forma delle pieghe inquietanti della pelle, della carne, della decomposizione. È l’attesa della morte. L’ironia feroce dell’autoritratto. La rappresentazione di un’intera specie che condivide un unico destino, quello di assistere allo sgretolamento del corpo, dell’identità, dell’io, dell’umano e di tutto ciò che l’uomo tocca, infetta e infesta.
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celeste,
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