Fine a se stesso
L’operazione performativa ha inizio da una suggestione nata in seguito al recupero di una lettera scritta a Brooklyn (NY) da Madeline Giordano sotto dettatura della madre Philomenia de Francisco. La lettera, datata 9 gennaio 1975, è indirizzata a Giuliana Di Francesco di Qualiano (NA) con preghiera di lettura da parte di sua figlia Maria Esposito.
Si tratta di una comunicazione non lineare e a intermittenza nella quale sia il mittente e sia il destinatario, a causa della loro condizione di analfabeti, sarebbero impossibilitati a comunicare fra loro se non fosse per la mediazione interpretativa delle rispettive figlie.
L’operazione messa a punto consiste nel reiterare più volte il gesto della trascrizione della lettera, copiandone le pagine attraverso l’utilizzo della carta carbone. Il risultato è un nuovo e ulteriore transito nella comunicazione delle informazioni, una trasmissione nella quale i segni tendono a perdersi e i significati a restare custoditi e sbiaditi nelle pieghe della carta carbone.
Con questo lavoro indaghiamo gli inciampi del linguaggio e della comunicazione a partire dall’esercizio e dall’azione.
La ripetizione pedissequa della trascrizione delle parole, che si sovrappongono una sull’altra, ha la capacità di dar vita a una comunicazione fine a se stessa che, a causa della sua non totale comprensione, torna ad essere nuovamente riconoscibile solo nell’intimità del contesto familiare.
Il salto da un codice semiotico all’altro e da una forma all’altra della trasmissione crea per noi una serie di gap cognitivi, che consideriamo non come banali imprecisioni, bensì “errori propulsivi” capaci cioè di creare nuovi significanti e nuovi contesti. La nostra ricerca si concentra proprio sull’analisi di quelle porzioni grigie e indeterminate dell’esperienza narrata, generate dal passaggio contingente fra diversi linguaggi e registri comunicativi.
Fine a se stesso è un lavoro che indaga le capacità, i limiti e la percezione di ogni comunicazione attraverso gli strumenti della traduzione, del linguaggio, del gesto e del segno.
Commenti 10
E chi è il detentore del concetto di arte?
E l'immediatezza nella fruizione (artistica)?
Se nella società odierna, l'immagine mira all'immediatezza del messaggio (soprattutto commerciale)per venderti qualcosa, producendo come risultato un'appiattimento culturale e quindi una non-comunicazione, perchè contrapporre un sistema che comunque è altrettanto chiuso (solo per addetti ai lavori) e quindi non comunicativo?
Perhè accompagnare l'opera sempre con una didascalia chilometrica?
Forse per togliersi dall'imbarazzo del non aver prodotto nulla di realmente significativo?
... E meno male che eravate in gruppo...!
Ora, se il verbo, comunicare, indica l'azione del mettere in comune; nella vostra installazione è espresso esattamente il concetto opposto, ovvero, il linguaggio (in questo caso, dato che si tratta di lettere scritte, il linguaggio verbale) che rinuncia a farsi comprendere e si inabissa nei "buchi neri" da esso stesso generati. Buchi neri, magistralmente simboleggiati dalla carta carbone.
Il tentativo di comunicare (mettere in comune) fallisce e il linguaggio comunica soltanto con se stesso: "Fine a se stesso".
Ora, se il verbo, comunicare, indica l'azione del mettere in comune; nella vostra installazione è espresso esattamente il concetto opposto, ovvero, il linguaggio (in questo caso, dato che si tratta di lettere scritte, il linguaggio verbale) che rinuncia a farsi comprendere e si inabissa nei "buchi neri" da esso stesso generati. Buchi neri, magistralmente simboleggiati dalla carta carbone.
Il tentativo di comunicare (mettere in comune) fallisce e il linguaggio comunica soltanto con se stesso: "Fine a se stesso".
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