Queste coppie di autoritratti compongono una serie di riflessioni sull’essere. Mi chiedo cosa siamo realmente e come la nostra apparenza sia connessa al nostro intimo essere, quale rapporto interconnette il nostro Io-sociale che interagisce con il mondo esterno e il nostro Io-interiore profondo e meno, o mai, manifesto. Le coppie di ritratti rappresentano questo possibile incontro. Nella prima coppia la mia identità intima osserva la mia stessa intimità, sono entrambe nude, il contesto è quello dei meandri profondi dell’interiorità, sempre mutevoli, ma che soltanto noi stessi siamo in grado di cogliere in momenti di rara lucidità, quando l’intimità indaga se stessa; nella seconda la mia identità interiore è nuda e scruta la sua controparte sociale; nella terza coppia l’intimità e l’apparenza si offrono all’osservazione esterna. In quest’ultima composizione, l’osservatore incontra l’identità esteriore vestita e sente di coglierla e conoscerla nella sua completezza e definitezza; contemporaneamente entra in contatto con la mia identità interiore più intima di cui però ha una conoscenza fluida, sfuggente poiché la natura stessa del nostro Io-profondo è il continuo mutamento e per questo passibile di una conoscenza mai definitiva.
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celeste,
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