Dovelettelemette

Dovelettelemette

Fotografia Digitale, Ritratto, Digitale, 70x50x1cm
“andavo sempre nei negozi di abbigliamento e vedevo queste cose di gomma che mi sembravano pezzi di pollo… e mi veniva voglia di toccarle…”
Ironia e sarcasmo, miscelate da una buona dose di femminilità, sembrano essere le linee guida che hanno potato Manuela verso questo lavoro. 8 foto, 8 icone seriali e tattili che si raccontano.
La versatilità dell’artista questa volta ha declinato verso il medium fotografia, una percezione visiva che ci trasmette fedelmente quell’attimo. Entriamo in uno slittamento di significato che va a decontestualizzare un oggetto tipicamente intimo e femminile in chiave ironica, e se vogliamo anche blasfema. Manuela gioca sull’essenza del femminile, contaminando riassemblando e rinnovando l’oggetto della sua ricerca.
Una modella e due protesi in silicone che ludicamente si mostrano fuori dal loro “perche”; l’audacie femminilità lascia il posto al gioco: una donna che si mostra nella sua veste più ironica….
“….Ma le posso mettere in bocca!?”
Tutto ma non quello che sono, ecco che appaiono le protesi mostrate dall’artista, il loro uso si perde e la voglia di cogliere più significati entra in ballo: la nostra visione è spostata, si vanno a perdere i nostri punti di riferimento, ed è qui l’intervento dell’artista. La prospettiva cambia e non riusciamo più a vedere le protesi come tali, siamo obbligati a osservare e a comprendere: petali, panini piuttosto che maschere. L’ironia della visione gioca e l’artista interviene. Una nuova dimensione, dove il nostro occhio così affidabile nel ciogliere un’identità si perde e vuol capire. La nostra vista indaga e per questo lascia spazio ad un altro senso il tatto: quello che infatti a guidato Manuela verso quest’opera. Toccare per comprendere diventa un’esigenza, ed è ancora l’artista che supplisce questo nostro bisogno/desiderio mostrandoci una teca dove quegli strani oggetti aspettano di essere toccati. Le immagini ci dicono che forse non abbiamo imparato a guardare e così il tatto si fa la didascalia per legittimarle: ecco la teca! Spesso vediamo solo fisicamente o per meglio dire come ci hanno insegnato a guardare: uno slittamento di significato destabilizza e qui sembra anche valicare la realtà, tanto che la fotografia cristallizza l’attimo irreale e ce lo pone come icona: qui il nostro occhio non può né dirigere né controllare, è il gioco dell’artista che detta la percezione, una sua prospettiva, un suo pensiero visivo che prende forma proprio da un’esperienza tattile.
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