Narciso
Nel racconto narrato da Ovidio, nel libro III delle sue Metamorfosi, la ninfa Liriope diede alla luce Narciso, un bambino di eccezionale bellezza, di cui il profeta Tiresia predisse che avrebbe raggiunto la vecchiaia “se non avesse mai conosciuto se stesso”. Narciso, che già nel nome sembrava portare scritto il proprio destino (infatti esso deriva dal termine greco narké, che significa “torpore” e quindi prelude al sonno ma anche alla morte), era un giovane di tale bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, si innamorava di lui, ma Narciso, orgogliosamente, li respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia, la ninfa Eco di nascosto lo seguì tra i boschi, desiderosa di rivolgergli la parola, ma incapace di parlare per prima, perché, punita da Giunone, era costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto. Eco, ad un certo punto, si decise a mostrarsi e corse ad abbracciare Narciso, che, però, l’allontanò immediatamente in malo modo. Eco, con il cuore a pezzi, trascorse il resto della sua vita gemendo e vagando per valli solitarie, finché di lei rimase solo la voce. Nemesi, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Il ragazzo, mentre era nel bosco, si protese verso una pozza profonda per bere. Non appena vide, per la prima volta nella sua vita, la sua immagine riflessa si innamorò perdutamente del bel ragazzo che vide. Solo dopo un po’ capì che l’immagine riflessa apparteneva a lui e, comprendendo l’impossibilità di realizzare l’amore che egli provava, si lasciò morire struggendosi inutilmente. Quando arrivarono le ninfe, al posto del suo corpo trovarono un fiore, cui fu dato il nome narciso. L’incontro tra Narciso ed Eco rappresenta il dramma dell’impossibilità di comunicare e, quindi, di amare: è infatti l’incontro tra la pura e totale identità (Narciso) e la pura e totale alterità (Eco). Narciso, in una tradizione millenaria divenuto simbolo dell’egoismo, della vanità e della presunzione, rappresenta la condizione dell’essere, che nasce e muore solo, nel fallimento del proprio cammino verso la verità e il senso del vivere. La sua figura, che trova una moderna emulazione nelle ballerine del Moulin Rouge e nelle pin-up, artefici e insieme vittime del loro stesso ruolo, è l’immagine simbolo del nostro tempo, dell’io incapace di aprirsi al riconoscimento e all’accettazione dell’altro, che lascia al potere del denaro e alla cultura dell’apparire di autoproclamarsi le nuove Divinità del mondo.
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