Neglected suburbs
Questo progetto sulla” Città del Futuro” fa perno su l’idea di recupero e di valorizzazione di centri industriali parzialmente dismessi o ancora attivi. Si tratta dunque di un progetto che lascia intatti i centri storici, simulacro dell’identità storiche cittadine, per spostare il cuore pulsante urbanistico nelle zone periferiche. Nell’immaginario collettivo, le zone industriali, le “periferie”, sono sempre state considerate un po’ come luoghi marginali, quasi dei” non luoghi”, necessari ma legati sempre a connotazioni negative. E se invece per una volta, almeno idealmente, questi distretti industriali brulicassero di vita? Se per una volta si animassero di gente che passeggia, di bambini che giocano riempiendo l’aria il genuino suono delle loro risate? Se improvvisamente queste aree cupe e tetre, smettessero di oscurare il cielo con densi fumi grigi e si riempissero invece di colori? Questo è ciò che avviene nel progetto di Andrea Bazzechi. Una città del futuro che prima di tutto vuole sanare quella frattura tra città e zona industriale, proponendo un recupero di tale aree e spostando l’asse di agglomeralizzazione urbana dai centri cittadini, ormai saturi e caotici, alle zone periferiche. Il cittadino di oggi, è un cittadino globalizzato, inserito strettamente nel tessuto sociale, assorbito in maniera più o meno consapevole dai ritmi frenetici di una società consumistica ed in continua crescita. Da qui la necessità di creare uno spazio che si plasmi al nuovo cittadino: uno spazio moderno, dalle forme accattivanti, ma soprattutto uno spazio non più stereotipato ma bensì poliedrico ed ecclettico basato su una continua dialettica e mutuo scambio tra Forma e Colore. La città del Futuro di Andrea è caratterizzata dalla combinazione di forme geometriche e semplici solidi, quali cilindri cubi o parallelepipedi, dalle quali si dipartono tralicci o condotti di che si articolano o disarticolano in modo talvolta geometrico e schematico, simile ad una costruzione fatta col meccano; altre volte dando vita a strutture le cui forme, razionalmente inconcepibili, sembrano frutto della fantasia più intrepida e assurda . In tale bizzarra composizione architettonica il colore gioca un ruolo fondamentale. Impossibile stabilire un criterio ma l’effetto finale, unicamente frutto dell’esigenza specifica è affidato all’azione del tempo ed è quanto mai suggestivo. Torri e fornaci, tipicamente anellate di rosso bianco, contrastano con lamiere rugginose o impattano contro celi azzurri solcati da cirrostrati riportando alla memoria certe tele di Magritte. Silos e cisterne di variopinto metallo che il tempo ha sbiadito o saturato, corroso e maculato, trasformando le superfici in pannelli di superbo gioco cromatico. Pile di container stoccati uno sull’altro a formare gradoni come rampe di uno ziggurat ma colorati come scatole di dentifricio. Mura di cinta, asetticamente bicrome o monocrome oppure dense di grafiti.
Come già ci suggerisce Italo Calvino nel suo libro “ Le Città Invisibili”, l’idea di una città può rimanere un semplice schizzo, una fantasia, oppure concretizzarsi in una immagine reale, ma in entrambi i casi non bisogna mai dimenticarci dello stretto legame e dialogo che unisce la città al cittadino.
« Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura.
D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. »
.
Commenti 0
Inserisci commento