Le mani sul capo

Le mani sul capo

I ricordi sfocati del mio nonno paterno, sempre seduto lì, , su quella poltrona anni '70 a scacchi neri e marrone, con il capo chino e lo sguardo perso verso l'impiantito, mi hanno spinta a conoscere quei luoghi in cui più volte é stato "ospitato", solo perché soffriva di piccoli disturbi mentali, alterazioni comportamentali che andavano oltre il buon senso e le norme comuni.

La società ti etichettava come un soggetto deviante e ti bussava alla porta per abbracciarti in una camicia di forza, confinando la tua fragilità in uno spazio, in una mente e in un animo, reclusi.

Vorrei che varcaste con me quelle stanze "vuote", che tante volte ho attraversato con paura, dove gli ospiti hanno lasciato le loro tracce e che vi faceste toccare dalla loro umanità perché quegli uomini e quelle donne, con "le mani sul capo" hanno, lì, dato forma alle inquietudini creative della loro vita e hanno, così, superato i limiti esteriori dell'esistenza impostagli.

Vorrei che la presentazione di questo lavoro fissasse la precarietà di quei luoghi ormai in via di cambiamento, e che il patrimonio di emozioni in essi contenuti, non vada perduto affinché le creature nate da quelle menti diventino a tutti visibili.

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