Memory
Le fotografie affisse sulle tavole consistono in due raccolte, o collezioni, appartenenti ad un membro della mia famiglia, fotografate all’interno di un vano d’armadio bianco. Proporre immagini fotografiche a terra e trasformarle in componenti di un noto gioco di memoria, identifica una metodologia d’approccio alternativo ai documenti d’archivio, che definiscono un’identità latente, per “giocare” con il concetto di memoria personale e con il valore della percezione visiva dell’archivio, offrendo a queste tematiche la possibilità di allargare i propri orizzonti a nuovi ambiti di riflessione.
Oggi viviamo in un’epoca in cui assume un nuovo valore lo spazio in relazione al tempo. Uno spazio-tempo in cui la dislocazione, dovuta alla sempre più prominente virtualità della vita, determina la nascita di luoghi effimeri ed indefiniti in cui poter garantire la consapevolezza della propria identità.
Tutti si assomigliano e si comportano nello stesso modo ogni giorno di più. Il gioco si pone come un sistema in cui la ripetizione inserisce lo spettatore in un contesto ove gli vengono fornite le istruzioni per trovare se stesso nell’archivio della mia famiglia. La ripetizione delle immagini ha lo scopo di tradurre, attraverso il gesto artistico, il concetto derridiano secondo il quale l’identità si afferma nel momento in cui viene riflessa, dichiarata e annunciata a partire da ciò che viene dall’avvenire.
L’installazione, posta in questi termini, offre un contesto nel quale lo spettatore deve creare di per sé la realtà che vuole vedere, il diritto di scelta è un diritto che spesso viene a mancare in una società di massa in cui la vita si sta sempre più automatizzando. Memory rappresenta per me la possibilità di scegliere.
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