Biografia

Marco Ceccarini da Urbino (Urbino, 1952). Se è dallo studio e comprensione di antiche tecniche pittoriche che nasce la tipologia di colori da utilizzare, è dall’affascinante lettura delle traduzioni dei rotoli di Qumran che scaturisce la poetica presente nelle opere: incredibilmente attuale anche se incredibilmente antica. Ne scaturisce una fusione globale tra sentire e fare, senza che l’uno prevarichi l’altro. Un equilibrio rafforzato dallo studio maniacale dei segni: nulla è lasciato al caso se non l’imponderabile risultato finale che, nelle intenzioni dell’artista, tende a raggiungere il “cuore” dell’individuo tramite l’abbattimento di quelle difese frutto di prevenzione indotta che spontaneamente insorgono quando si accenna ad “altro”, ovvero quando si passa dall’estetica all’etica.

Nasce così l’Homo Pavonis
Ciascun uomo è a conoscenza del “suo doppio” e conosce la “sua ombra”, come ha consapevolezza delle sua “corda seria, civile e (anche) pazza” (L. Pirandello). E quella “corda civile” è proprio quella “maschera” (in latino persona) che egli espone agli altri e anche a se stesso. E’ altrettanto vero che “senza il doppio che cammina a fianco (O. Rank, Alter ego) non conosceremmo i desideri segreti e sempre repressi dell’anima,…, non avremmo l’angelo custode, il sogno della notte, il ricordo lontano, il volto della morte che ci depriva definitivamente dell’ombra perché per sempre spegne per noi la luce” (U. Galimberti), “quella fisica e terrena” aggiunge Ceccarini.
Viviamo con l’ombra e la viviamo come la nostra parte oscura e negativa, la parte da fuggire ed evitare. “Eppure, scrive Jung, incontro con se stessi significa anzitutto incontro con la propria ombra. L’ombra è in verità una gola montana, una parte angusta, la cui stretta non è risparmiata a chiunque discende alla profonda sorgente” (in U. Galimberti). Dialogare con la parte ritenuta la più ostile a noi stessi rappresenta quindi il percorso inevitabile per giungere alla “profonda sorgente”.