PREMIO ARTE-POLLINO 2016
Premio, Potenza, Latronico, 31 December 2016
Competenze: Giornalista
ArtePollino Associazione Culturale, nata all’interno del progetto di sviluppo locale ArtePollino UN ALTRO SUD, inserito nel programma "Sensi contemporanei", promosso dalla Regione Basilicata, dal Ministero dello Sviluppo Economico, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Fondazione La Biennale di Venezia, bandisce la terza edizione del Premio ArtePollino con l’obiettivo di far conoscere il territorio e le istallazioni site specific realizzate nell’ambito del progetto. In particolare, si intende focalizzare l’obiettivo sul paesaggio del Pollino, sulla ricchezza di biodiversità presente in esso e sulle opere degli artisti (Anish Kapoor, Giuseppe Penone, Carsten Hӧller, Anni Rapinoja, Claudia Losi, Nils Udo). Le opere sono state progettate e realizzate nell’ambito di un importante progetto di sviluppo allo scopo di valorizzare il Parco Nazionale del Pollino promuovendo un turismo di qualità; il dialogo fra arte e natura costituisce il fulcro del Premio, il punto di partenza di questa iniziativa artistica, che ha lo scopo di promuovere un nuovo sviluppo culturale e territoriale attraverso la creatività e l’estro degli studenti delle accademie italiane.



Per l’edizione 2016, l’associazione vuole portare l’attenzione degli allievi delle Accademie di Belle Arti italiane, che parteciperanno, al tema dell’agricoltura e, più in generale, della biodiversità. Un’area protetta, com’è il Parco Nazionale del Pollino, è un’area specificamente dedicata alla protezione e al mantenimento della biodiversità e delle risorse naturali e culturali a essa associate. La biodiversità rafforza la produttività di un qualsiasi ecosistema; al contrario, la perdita di biodiversità contribuisce all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, diminuisce il livello della salute all’interno della società, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali. Il tema è stato scelto a partire da queste considerazioni e prendendo spunto da quanto dichiarato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per l’anno in corso, che ha nominato il 2016 “anno internazionale dei legumi”, sottolineandone l’importanza dal punto di vista della sicurezza alimentare, e quindi della salute umana, e i vantaggi che essi apportano agli animali e all’ambiente, perché migliorano le condizioni del suolo e promuovono la biodiversità. Il tema dei legumi ci offre il pretesto per parlare di agricoltura e biodiversità, aspetti peraltro affrontati già dall’ONU con la proclamazione del decennio delle Nazioni Unite 2011-2020 dedicato alla biodiversità e attraverso la promozione e il sostegno all’agricoltura familiare per la lotta alla fame e la preservazione delle risorse naturali nel 2014.

Da un punto di vista estetico l’agricoltura è l’arte del paesaggio rurale e gli orti sono vere e proprie opere d’arte nel paesaggio, insieme di forme e colori attraverso i quali l’uomo lascia un segno di bellezza e di armonia nell’ambiente. Preservare e promuovere la bellezza del paesaggio agricolo significa promuovere l’arte, la cultura e, con esse, la biodiversità.

Arte, paesaggio, agricoltura e biodiversità saranno quindi le parole chiave di questa nuova edizione del premio ArtePollino.



Per Informazioni e dettagli http://www.artepollino.it/

via G. Falcone, 3 - 85043 Latronico (PZ)

sito internet: www.artepollino.it e-mail: segreteria@artepollino.it

skype: artepollino - facebook.com/artepollinofficial

twitter: @ArtePollino flickr: Arte Pollino

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DALLA PREISTORIA, AI GIORNI NOSTRI. L’arte riproduce la vita agricola, quanto l’agricoltura ispira l’arte.

Copyright © ® Rino Cardone

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Arare il terreno, fertilizzare il suolo, seminare le specie vegetali e coltivare le piante.: si tratta di pratiche antiche che risalgono al vivere stanziale dell’essere umano, quando viveva nelle caverne. Poi l’individuo iniziò a spostarsi, divenendo nomade e viandante, e di conseguenza cacciatore: come dimostrano i graffiti, spagnoli, di “cueva de Altamira” e francesi delle “grottes de Lascaux”. Quell’uomo dei primordi è fissato, in maniera indelebile, in alcune immagini- scarne ed essenziali - graffiate sulla roccia, a cielo aperto, o disegnate sulle pareti delle grotte, usando coloranti naturali, presi dal mondo vegetale, o animale, o minerale. Questa era la natura che si faceva arte. E tutto questo dal Paleolitico superiore, quando l’uomo iniziò a disegnare, con l’utilizzo dei pigmenti, delle forme e delle figure, sulle nervature dorsali delle grotte e delle caverne. Nello stesso periodo l’individuo iniziò a incidere, scolpire e scorticare - sui duri costoni delle montagne, degli antri e delle spelonche - delle immagini che raccontavano la sua vita di tutti i giorni. Di rado la donna era presente in queste figure: o nell’atto della danza (come nel caso delle figure delle “donne libere di Jabbarèn” che sono state ritrovate in Algeria, sulle rocce del massiccio montuoso del Sahara) o nell’atto di nutrire e di proteggere i propri figli. Perlopiù si trattava di figure che evocavano le tecniche e le pratiche agricole, e l’individuo nell’atto della caccia. Gesti e azioni cui si aggiungevano dei segni magici e propiziatori: in grado di mostrare quella sorta di “sacralità cerimoniale” che si accompagnava a determinati atti collettivi: ripetuti nell’intento - quasi ossessivo - di sentirsi più sicuri e con meno paure. Si trattava di atti candidi, puri e di una “devozione arcaica” e di “adorazione primitiva”, nei confronti di un ignoto, impossibile da governare e che si rendeva manifesto, ai loro occhi, attraverso: il lampo, il tuono, il fulmine, il vento, il temporale e il tremare della terra. Eventi, cioè, di una natura che si mostrava poco generosa con il più debole, incapace di fare i conti con: il freddo, il caldo, le belve dei boschi, le fiere della prateria e le malattie. La natura regnava, allora, sovrana e suprema, e aveva il sopravvento: sulla bellezza del paesaggio, sulla magnificenza della volta celeste e sul fascino esteriore del corpo umano. Nella rappresentazione di tutto ciò, ci si fermava, per questo motivo, a uno scarno "racconto visuale" del mondo; in pratica alla narrazione di un vissuto quotidiano, ricco di ruvidezze esistenziali. Come ad esempio: la fame e la sete, che avevano il sopravvento sulla sensazione del sentirsi satolli e sulla necessità di sentirsi, altrettanto, soddisfatti nel bisogno di acqua. In presenza di queste situazioni contingenti non si riusciva, pertanto, a dare un adeguato spazio alle “geometrie della bellezza”. E questo dipendeva, innanzitutto, dall’incapacità dell’uomo preistorico a destreggiarsi con la raffigurazione della persona, riuscendo ad andare oltre ad una semplice e normale riproduzione delle forme e delle figure. E questo perché l’individuo viveva in se stesso, in quel preciso periodo storico, una serie di blocchi naturali che lo condizionavano nel pensiero. Era come se fosse incapace di guardare oltre la soglia di quella “forza generatrice” che è alla base di tutto e che appartiene al creato. Era come se fosse, ancora, disadatto a darsi completamente all’immaginismo espressivo. Se fosse stato in maniera diversa, l'individuo avrebbe iniziato a mostrare, sin da allora, una maggiore e una più adeguata attenzione verso: la simmetria dei piani, la proporzione degli spazi, la profondità dei campi visivi, gli equilibri delle forme, le anatomie umane e l’armonia dei segni. Ma tutto questo era ancora impossibile per l’essere umano di allora. L’individuo, insomma, era ancora impreparato a tutto ciò. Doveva ancora crescere nelle sue abilità manuali e nella sua maniera di mostrare la sua grande capacità intellettiva. Di secolo in secolo, però, questo divario e vuoto intellettivo è stato soppiantato da un “processo cognitivo” è cresciuto, a mano a mano, in termini creativi, fino ai giorni nostri. Fino ad arrivare a questa nostra, nuova, era: in cui quelli che erano i piani immaginifici dei primordi, sono stati soppiantati del tutto. Ora viviamo in un’epoca in cui l’agricoltura e il territorio, hanno smesso di essere un mero piano di “rappresentazione figurativa” tout court e si sono trasformati in una dinamica motivazionale, concettuale ed espressiva, del pensiero umano. Questo è quanto dimostrano le opere presentate alla terza edizione del Premio ArtePollino: cui hanno partecipato, anche quest’anno, gli allievi di alcune Accademie italiane di Belle Arti. Il tema scelto quest’anno, per questo concorso, era: “agricoltura e biodiversità” prendendo spunto da una “linea d’indirizzo” dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha indicato il 2016 come “anno internazionale dei legumi”. Le opere prodotte dagli studenti hanno inteso rimarcare, in maniera molto forte, la corrispondenza che esiste tra l’arte, l’agricoltura e la biodiversità; comprendendo un dettaglio nelle proprie elaborazioni e cioè quello: dei semi, dei frumenti, dei legumi, dei granelli di polline e dei baccelli di molte piante che costituiscono l’incipit stesso di tutta l’agricoltura e dell’alimentazione umana.



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