Il dono, presente in più di un intervento di questa mostra, è inteso come piano solido su cui ambientare l’incontro che anticipa la relazione. Il donare presuppone il riconoscimento dell’altro come persona di valore e introduce la possibilità di uno scambio assolutamente libero. Ciò che riceverò in cambio sarà unicamente il segno che quell’incontro è avvenuto ed è stato significativo. Senza alcuna misurazione o aspettativa. Riconoscersi è alla base di un comportamento empatico senza il quale non sarebbe possibile alcuna partecipazione al di fuori della cerchia stretta dei propri amici e collaboratori.
Nell’azione di “Cadeau” (parte prima e parte terza), donare semi e ricevere in cambio, in un tempo molto differito, l’immagine della pianta che ne è nata: i semi sono il dispositivo simbolico ma anche praticamente efficiente della relazione stabilita dall’artista con le persone che hanno accettato di partecipare. La fiducia come la sorpresa e il piacere condiviso, sono i sentimenti in campo in questa pratica che si ripete con strategie sempre nuove lungo tutto il percorso della mostra. Una sedia prestata all’artista e da lei offerta al pubblico per un momento di riposo, nel lavoro “Appoggiati a me”, o dell’acqua in “Prendersi cura”, sono strategie relazionali di partecipazione, servizi offerti e gesti di amicizia.
A proposito dei sentimenti, il lavoro che Iacchi compie sulla famiglia riguarda per un verso un’indagine nella sfera dei sentimenti ma in un altro è l’occasione per una ricerca sui rituali sociali e sullo slittamento dalla sfera privata a quella pubblica.
Ciò che interessa della comunità familiare sono i suoi margini: la parte osmotica nella quale avviene lo scambio con l’esterno. Qui, lungo questo confine, la famiglia non ha un dentro e un fuori così netti.
Il pranzo aperto al pubblico durante l’opening, in “Pranzo difamiglia” (la seconda parte del progetto “Cadeau”) crea un quadro, nel senso drammaturgico del termine, nel quale la coerenza delle pratiche condivise (mangiare, conversare) non è turbata dall’avvicendarsi delle persone: la disposizione inclusiva di tutti i presenti scioglie questo cambiamento in una forma liquida di continuità tra il dentro e il fuori.
Disporre per l’incontro con l’esterno – il temuto Altro – qualcosa cheè forte delle sua coesione interna può produrre anomalie come atteggiamenti ipocriti o simpatie fittizie. Il lavorodell’artista è deciso in questo senso a mostrare una via positiva e sinceracome possibile.
La casa è un altro dei temi di riflessione affrontato in questa mostrada Meri Iacchi. Le parole giardino, orto e paradiso hanno incomune, nella loro etimologia, la parola recinto. Significano tutte un luogo circoscritto e protetto. Da qui, trovandosi nell’Orto Botanico diPalermo, l’artista ripensa al tema dei margini e dei confini, al loro valore diluoghi di scambio e contemporaneamente al tema della casa (a sua volta all’origine della parola ecologia) come luogocircoscritto e protetto.
La casa è una nozione che ancora una volta percorre la doppia direzione di indagine della dimensione privata e della dimensione pubblica. Casa è la natura stessa – e per questo l’artista costruisce un autentico rifugio abitabile dentro l’albero in “Destinazione primaria” – la terra – laboratorio alchemico in “TMM (terramater mutationis)” e il pianeta, tutti inclusi nel vasto ma definito recinto della biosfera, come suggerisce Gilles Clément con il suo Giardino planetario.
Silvia Petronici
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