american
Mostra, Stati Uniti, Miami, 21 October 2010
" «L'arte contemporanea è americana» sostiene Andrea Sampaolo. Affermazione estrema e

paradossale, è vero, ma per un artista come lui non sembrano esserci dubbi sulla sua

fondatezza. Il titolo della sua prima grande mostra oltreoceano, questo American tautologico

e sintetico, basterebbe a dimostrarlo. Esso racchiude una dichiarazione poetica: “Io sono

americano cioè contemporaneo”. Come spesso avviene in quest'altro polo d'occidente,

l'America è una trasfigurazione, uno specchio opaco in cui l'artista europeo cerca se stesso. In

essa trova il limite che si ripropone ogni volta che lo si valica: un punto zero, lo spazio

mitico del sempre nuovo e del possibile. Ma, oltre al significato simbolico, l'America per

Sampaolo ha anche una sostanza storica. La sua pittura discende direttamente dalla svolta

estetica dell'avanguardia americana degli anni '50, dal suo furore anarchico e innovativo, e

passa per movimenti artistici successivi come la Pop art e la più recente Graffiti art. E infatti,

Sampaolo non è un pittore nel senso modernista del termine, non è un peintre. Il linguaggio

della pittura è solo una parte dell'intero suo sistema creativo. Per l'artista romano l'arte è una

ricerca intesa come processo intermediale che si apre incessantemente alla transitorietà e alla

contaminazione. Certo, nel mondo creativo di Sampaolo il rapporto con il colore e con

l'immagine è centrale, ma la sua pittura è arricchita, trasvalutata dal dialogo con le sfere paraestetiche

dell'oggi (moda, design, comunicazione) per quanto riguarda le sue applicazioni, e

dalla costante e indomita ricerca di convergenza di pittura e nuovi linguaggi, come quelli

offerti per esempio dalle tecnologie informatiche, per quanto riguarda le modalità esecutive.

Insomma, la rivoluzione tecnologica, la nascita di un nuovo sensorio, l'estetizzazione diffusa,

persino l'affermazione della società dei consumi e della cultura di massa appaiono per

Sampaolo un'occasione creativa. Basta restare vigili e soprattutto autonomi, e ciò richiede

una revisione della figura dell'artista, del suo ruolo e delle sue modalità di intervento: non più

arroccato su posizioni difensive e rinchiuso in nicchie più o meno simboliche, bensì disposto

ad apprendere le regole del gioco e a vincere nel loro pieno rispetto. E tuttavia la pittura,

come espressione di un corpo che muovendosi lascia un segno, la pittura come gesto, occupa

ancora un posto di privilegio, sia nel multiforme sistema artistico di Sampaolo sia, come

sembra voler suggerire l'artista con American, nella babele iconica e impersonale della

contemporaneità occidentale.

American di Andrea Sampaolo è perciò una mostra di pittura – benché accolga una videoinstallazione

che restituisce una precedente performance eseguita dall'artista. I quadri sono

32, la maggior parte di essi appartengono al ciclo intitolato Free Zone. Free Zone chiude una

stagione e apre a un tempo nuovo, un tempo artistico ed esistenziale segnato da una

consistente spinta espressiva, in cui la pittura diventa schermo trasparente che accoglie senza

opacità e nascondimenti l'umanità serena e lacerata, fragile e impetuosa dell'artista. Interiorità

ed espressione, essere nel mondo e pratica artistica finalmente coincidono.

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