Si presenterà al pubblico affrontando, attraverso l'arte fotografica e una performance artistica dal titolo "Each man kills the thing he loves", tematiche umane e sociali.
Indagatore attento della realtà, siamo sicuri che anche questa volta Scarlet riuscirà a coinvolgere gli spettatori, facendo nascere nuove riflessioni e confronti sul mondo che viviamo e sui problemi che quotidianamente siamo costretti ad affrontare.
Pietas Morbi
Nel corso della vita intrecciamo il nostro destino con quello degli altri. Molto spesso ricerchiamo nel comportamento altrui delle affinità, dei segni speciali che li rendano meritevoli di compiere il loro cammino al nostro fianco. Deliziamo la nostra esistenza di sorrisi, abbracci, carezze di parenti, amici e fidanzati. Creiamo con loro il nostro mondo e innalziamo delle poderose mura per difenderlo. Tutto è fortificato, niente può e deve disturbare la pace che così difficilmente abbiamo costruito ed ottenuto. Questi sono i desideri di tutti, queste le ambizioni comuni. Purtroppo, alle volte, la realtà emerge prepotente e mostra il suo lato più crudele. Amori che tradiscono e si trasformano, malattie che subentrano improvvisamente a destarci dal più dolce dei sogni.
Alla pura simbiosi, ai legami sinceri, alla metamorfosi della psiche umana Scarlet dedica la sua performance “Each man kills the thing he loves”. L’artista vuole mostrarci i risvolti più crudi e dolenti di questi rapporti, perché quando un evento avverso si manifesta sono più parti a soffrirne. Ci nascondiamo dietro sorrisi e frasi fatte per infondere coraggio, per conferire un’ondata di forza a chi sta soffrendo ma nella realtà siamo disarmati, devastati, impietriti e terribilmente spaventati. Anche l’amore disegna profonde cicatrici. È un duro colpo per gli amanti vedersi respinti e feriti. Questo sentimento, che i poeti cantarono come il più nobile per gli uomini, può macchiarsi, mutarsi in impulsi e azioni lontane dalla sua originale purezza. La paura di essere abbandonati assesta un duro colpo nell’animo umano.
Dunque non ci resta che aspettare l’inaugurazione della mostra per scoprire come l’artista trasmetterà agli spettatori questo messaggio.
“Avrei potuto farmi scrivere un testo da un curatore d’arte ma non credo che avesse potuto mettere per iscritto quello che io ho provato e vissuto in questi mesi perché solo io conosco il dolore e l’angoscia che mi hanno imprigionato il cuore durante i mesi della malattia di Stefano.
Quando una persona cara si ammala, non si ammala solo lei, ti ammali pure tu. Non riesci più ad essere sereno, non riesci più a ridere come prima e se lo fai non è un sorriso naturale ma un sorriso forzato che nasconde un po’ di malinconia.
I pensieri vanno sempre lì. Non hai scampo. Non ne esci bene. Ti senti dilaniato e ossessivamente ritorni al solito pensiero “ Ce la faremo?”
Ho passato i mesi estivi sperando che non facesse troppo caldo per non vederlo indebolito dalla chemioterapia e dall’afa, ho trascorso il tempo a contare i giorni che lo separavano dal periodo di pausa tra una chemio e l’altra e le pasticche che ogni giorno doveva ingurgitare, ho trascorso il tempo sperando che passasse presto per vederlo riprendersi e stare meglio.
Ho vissuto come una sagoma allo specchio. Vivevo in un mondo mio dove non esisteva il presente ma solo il futuro in cui andarmi a rifugiare.
Per fortuna non ha vinto la disperazione ma la voglia di non arrendersi e di convincere l’ammalato a pensare da persona in salute.
Abbiamo viaggiato, siamo usciti ed abbiamo fatto tutto quello che normalmente facevamo in periodi tranquilli.
Ho preteso che stesse bene.
Ci sono stati momenti di cedimento e le lacrime sgorgavano dai miei occhi come foglie secche in autunno ma dentro di me c’era la luce della primavera e sentivo che prima o poi tutto sarebbe finito.
Per fortuna ci sono state anche tante risate e tanta ironia che ci ha fatto affrontare tutto in maniera fiduciosa.
Il tempo è volato come un violento vortice che ci sbatteva ovunque alterando i nostri stati d’animo in base al suo stato di salute e scaraventandoci al tanto angosciante giorno del risultato della tac.
Siamo arrivati provati.
Risultato negativo. Era clinicamente guarito.
Siamo rimasti pietrificati.
E’ stato strano. Non siamo riusciti a gioirne. Era come uscire da un mare in tempesta e restare frastornati. Siamo stati in silenzio e in silenzio siamo tornati a casa come se nulla fosse.
Il mio progetto fotografico è costituito da 16 foto.
Non è un reportage ma un viaggio visionario e surreale nel mondo della malattia”.
Marco Iannaccone/Scarlet Lovejoy
“Ero mentalmente e caratterialmente lontano dalla “entità malattia”, rifiutavo la sola idea che un giorno potevo considerarmi “ malato”, poi una notte, così, all’improvviso, il dramma, un evento che mi ha lasciato pietrificato e sgomento, un fardello più pesante ed ingombrante di un macigno…..quel sangue copioso, maleodorante, grumoso l’avevo espulso io dal mio corpo e non mi sembrava possibile che provenisse da me.
Nel giro di pochi giorni, travolto dagli eventi che mi sembravano irreali, ho dovuto affrontare esami, indagini invasive, un devastante intervento chirurgico e successivamente un faticoso e debilitante percorso post-operatorio con il mio corpo che si trasformava giorno dopo giorno recando i segni delle cicatrici, del prolungato digiuno, della sofferenza e poi, in ultimo, la dura sentenza di dovermi sottoporre a molti cicli di chemioterapia.
La mia giornata è ormai scandita dal protocollo delle flebo, delle tante compresse, dal corpo a corpo intrapreso contro le cellule tumorali e contro gli effetti collaterali dei tanti farmaci obbligato ad assumere; e dal doversi confrontare quotidianamente con le risposte anomale del proprio corpo e con l’incombente presenza di uno stato depressivo che è lì dietro l’angolo…
Gli scatti dell’artista Marco Iannaccone Scarlet Lovejoy colgono magistralmente la drammaticità dell’evento, la sofferenza e la devastazione sul corpo e sul volto in un crescendo anche cronologico di accadimenti con la consapevolezza, comunque, che in momenti drammatici come questi la vicinanza, la presenza, l’affetto di una persona capace di accoglierti, di sostenerti, di abbracciarti sono capaci di rendere la sofferenza ed il disagio più sopportabili”.
Stefano
Pietas Morbi
Progetto fotografico e performance artistica “Each man kills the thing he loves” di Marco Iannaccone/Scarlet Lovejoy
Dal 26 gennaio al 4 febbraio 2017
Vernissage giovedì 26 gennaio, ore 18:00
Salvatore Serio galleria d’arte
Via Oberdan 8, Napoli
Orari galleria
Dal lunedì al sabato 10.30 – 13.00/16.30 – 19.30
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