Le opere che fanno parte di questa particolare produzione dell’artista Christopher David Moore traggono ispirazione dalla natura: in modo specifico sono rappresentazioni di frutti che rispecchiano la stagione di cui sono il prodotto e che si dispongono in composizioni in cui l’assenza di una prospettiva razionalmente definita e molto spesso di piani d’appoggio, l’alternarsi e compenetrarsi di luci e ombre che si configurano come volumetria e un prosieguo ideale dell’oggetto oltre la sua forma, l’importanza data ai riflessi, riverberi della realtà circostante il soggetto del ritratto, ce le fanno percepire come una interpretazione che prende spunto dal reale per andare oltre, ricercare e suggerire significati altri.
Tutto il periodo di fioritura del genere della natura morta nella storia artistica italiana e internazionale, che prende avvio dall’antichità classica e si snoda lungo il corso dei secoli attraverso differenti e multiformi concezioni e raffigurazioni fino a trovare il suo culmine nella pittura seicentesca ha concepito tradizionalmente questo particolare campo artistico come decorativismo o descrizione d’ambiente, manifestazione di uno status o esplicazione, come monito simbolico, della sostanza peribile e mutevole di tutte le cose viventi.
Questi “ritratti” di frutti sono proprio in senso letterale trasposizioni di una desiderata ricerca di bellezza e oggettività, soffusa di una particolare qualità introspettiva che mira ad arrivare con perizia al particolare senza però renderlo in una precisione fotografica che ne sminuirebbe la poesia e il contenuto.
Possiamo considerarli in certo qual modo come autoritratti dell’artista stesso, o che comunque esternano una parte del sé, di quella riflessività e capacità di interiorizzazione che procede al di là del realismo fotografico per arrivare a una figurazione di stampo contemporaneo che mira ad avvicinarsi alla vera essenza delle cose.
Il senso è indagare oltre il visibile, in quegli spazi che le ombre ci lasciano intravedere attraverso il colore di cui sono costituite per rivelarcene il microcosmo nel macrocosmo, un contesto in cui la mente ama perdersi per ritrovare momenti meditativi, acquisire stupore e meraviglia, e conquistare la netta intuizione di quella connessione che sottostà ad ogni elemento mondano.
Uno sguardo sull’oggettività dell’esistente che si arricchisce di interrogativi di stampo surreale e metafisico: dal riconoscimento dell’interconnessione di ogni cosa all’interno del creato, come del ruolo necessaria e sensibile che in questo processo di collegamento e di trasmissione di messaggi e stimoli fra interno e esterno è data all’uomo, unione di mente, spirito e corpo che di questa armonia risonante costituisce il perno forse più consapevole e cosciente.
Dal figurativismo rinascimentale alle allegorie di Arcimboldo, riviste però nell’ottica sovvertita di personificazione attribuita agli oggetti, anziché costruzione di “teste composte”, all’arte Pop di Claes Oldemburg e Domenico Gnoli, che dell’ingrandimento hanno fatto espressione delle contraddizioni e paradossi del presente per stimolare interrogativi e indurre un atteggiamento ironico-critico nell’osservatore, al realismo mediato di surrealismo nel “precisionismo” dell’americana Georgia O’Keeffe, che dal figurativo riportato nei più precisi dettagli ricavava possibilità di visione non sperimentate in precedenza.
Una ricerca di solidità e materialità che si costruisce tramite la linea e soprattutto nell’alternanza di chiaroscuro, in abbinamenti fra toni caldi e freddi, combinazioni di componenti che si configurano alla nostra attenzione quali personaggi di una immaginaria conversazione, un convivio che si svolge sotto i nostri occhi, fra partecipanti che sembrano guardarci e al contempo dialogare fra loro e lasciarsi guardare.
Recupero della bellezza e della naturalità dell’esistenza, la coscienza dell’importanza del rispetto dell’ambiente in cui viviamo, messo a repentaglio da errati stili di vita e da interessi economici che vanno contro la nostra stessa integrità biologica e psichica, ma anche suggestioni di una vita oltre la vita.
La sensibilità verso quei processi di collegamento del tutto alle sue parti, di cui non possiamo avere l’esatta certezza e che dal concreto approda all’astratto, a quella forma di spiritualità che accomuna tutti gli esseri a prescindere dalla provenienza e dalle culture, in un’unione karmica di cui non ci è dato sapere i meccanismi, ma che arricchisce di sorpresa e stupore, come della sensazione di un ordine sottostante che in certa misura spaventa, in altra scioglie il senso di isolamento e di abbandono nell’assoluto che quali creature umane talvolta ci assale.
25.02.2018 Maria Palladino
La mostra resterà visitabile fino al 31 Marzo.
Orario di apertura: mercoledì – sabato, 10,30 – 12,30 e 16,30 - 19,30. Ingresso libero.
Per informazioni:
www.gallerialateca.com
info@gallerialateca.com
ph. +39 3474670115 - +39 3496650016
Maria Palladino: 3341695479 audramsa@outlook.it
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