Libuse Babakova / Michele Berlot / Elena Bottari / Cecilia Brogi / Joanna Brzescinska-Riccio / Roberto Celli / Anna Paola Gorozpe / Francesca Guetta / Nicole Guillon / Paola Magrini / Maria Marchio / Annamaria Maremmi / Chiara Novelli / Willy Pontin / Nicole Siecat / Anna Sirota / Rieko Tambo / Elisa Torrini / Luciana Zanchini
Dal 16 al 28 aprile Opening giovedì 16 ore 17.30
Lei potrà sognare, immersa nel buio mondo delle ombre,
fino a quando non crederà di avvertire il leggero, tiepido alito che increspa il mare.
Arnold Böcklin
Simultanea Spazi d’Arte, realtà curatoriale gestita dalle storiche e critiche d’arte Roberta Fiorini e Daniela Pronestì, inaugura, giovedì 16 aprile alle 17.30, la mostra Nello spazio e nel tempo d’un sogno - frase tratta da La Tempesta di William Shaskespeare -, che indaga la natura molteplice del sogno, il suo essere al contempo manifestazione e rivelazione di un altro mondo. Un percorso nell’immaginario onirico articolato in quattro sezioni: la prima riguarda il sogno come ponte di collegamento tra realtà e fantasia, e quindi espressione di un mondo magico, indeterminato, luminoso e invitante; la seconda abbraccia gli aspetti meno rassicuranti del sogno, quelli che emergono nell’incubo e che mettono in discussione le nostre sicurezze; la terza, invece, attiene alla notte come dimensione spazio temporale che apre le porte del sogno e stimola l’immaginazione del sognatore; la quarta volge l’attenzione al risveglio, e quindi al ritorno alla realtà come momento di verifica e di negazione del sogno, ma anche occasione per continuare a “sognare ad occhi aperti”…
La parola “sogno” - dal latino somnium (chimera, illusione, fantasia) - evoca un mondo “altro” in cui le leggi della logica lasciano spazio agli impulsi e ai sentimenti che giacciono nel limbo della coscienza. Il sogno ha il potere di sconcertare, sorprendere, mettere in crisi le certezze, facendo emergere i desideri, le aspirazioni e le debolezze dell’individuo. Molto tempo prima che Sigmund Freud, con la sua Interpretazione dei sogni (1899), traducesse in termini psicoanalitici il valore simbolico dell’immaginario onirico e il suo inestricabile legame con i lati più nascosti dell’inconscio umano, il sogno occupava già un posto d’onore nella cultura occidentale, spaziando dalla filosofia alla letteratura, dalla musica alle arti visive.
Gli antichi definivano il sogno “vacanza dell’anima”, ritenendo che durante l’attività onirica l’anima potesse staccarsi dal corpo e librarsi in un universo superiore, un vero e proprio regno dello spirito. Un’esperienza extra umana vissuta nello spazio e nel tempo del “sonno”, che i Greci identificavano con Hypnos: figlio della Notte e fratello gemello della Morte (Thanatos), la sua dimora erano gli Inferi ed era raffigurato con un papavero e una verga con cui toccava gli esseri umani e li assopiva. Un mito che lascia emergere gli aspetti più inquietanti del passaggio dalla veglia al sonno, assimilandolo ad una momentanea interruzione della vita, quasi una morte reversibile. Sempre secondo il mito, una volta superata la soglia del sonno, l’individuo diventava preda delle divinità del sogno: Morfeo, preannunciatore del vero, che si manifestava in forma umana; Fobetore, apportatore di spavento, che appariva sotto le spoglie di un animale; Fantasio, ispiratore di illusioni e stravaganze, che faceva sognare al dormiente paesaggi immaginari. Nell’Odissea, Omero attribuisce al sogno una duplice natura: quella illusoria, che porta con sé “fantasmi fallaci e vani” e quella che, al contrario, ha il potere di rivelare una verità nascosta o predire un accadimento futuro (sogno divinatorio). Da qui deriva l’antica pratica dei somniatorum conjectores, veggenti chiamati a interpretare i sogni per risalire alla volontà degli dei e alla loro influenza sui destini umani.
Nella pittura del Rinascimento il sogno era il luogo del mito e insieme la manifestazione di una volontà soprannaturale, con particolare riferimento ai sogni e alle visioni dei santi. La capacità visionaria e profetica delle immagini oniriche era spesso tradotta, sul piano iconografico, con allegorie la cui complessità è ancora oggi difficile da interpretarsi. Valga su tutti l’esempio de Il sogno del medico (1498), incisione di Albrecht Dürer in cui è difficile capire se l’artista abbia rappresentato un sognatore tentato da Venere oppure i pericoli dell’accidia, o, ancora, Cibele che si prende gioco di un alchimista addormentato davanti al suo forno. Il sogno come metafora della vita umana è presente anche nel famoso dipinto giovanile di Raffaello, Il Sogno del cavaliere (1504), in cui un giovane cavaliere addormentato è assistito da due figure femminili che lo invitano a scegliere tra una vita virtuosa e contemplativa e una vita spesa nei piaceri terreni. Nel disegno di Michelangelo, Il Sogno o la Vanità dei desideri umani (1533), troviamo invece un’impareggiabile allegoria dell’esistenza umana ripresa da molti altri artisti in opere che affrontano lo stesso tema. L’ambiguità di significato caratteristica del sogno è parte del mistero che la dimensione onirica sottintende, passando da una visione rasserenante, in cui evadere e ritrovarsi, ad una visione da incubo, in cui emergono le paure più profonde e radicate nell’animo umano. Nelle tradizioni popolari l'incubo era rappresentato sotto forma di un piccolo essere deforme che siede sul petto dei dormienti togliendo loro il respiro: una rappresentazione riconducibile alla sgradevole sensazione fisica di oppressione che all’incubo si accompagna. Un tema che ritroviamo, ad esempio, nelle visioni infernali dei fiamminghi Bosch, Brueghel e Jan Mandijn e più avanti nel pittore spagnolo Francisco Goya con il Sonno della Ragione genera mostri (1797). Nel Rinascimento, l’Aurora era considerata la dimensione spazio temporale dei sogni “veri”, dunque profetici e rivelatori, mentre il Risveglio era visto come il momento in cui il sognatore, ritornando allo stato di veglia, era in grado di ricordare le immagini sognate con tale chiarezza da confondere realtà e visione.
Il Novecento ha spogliato il sogno di gran parte dei suoi riferimenti mitologici e letterari per farne l’emblema di una vita interiore che scorre sotto la cortina della consapevolezza. Sono stati per primi i Surrealisti a fare del sogno l’espressione di una creatività che si sottrae al conformismo delle regole artistiche e sociali per dare forma alla libertà dell’individuo. Nel primo Manifesto della pittura surrealista (1924), André Breton parla del sogno come di una realtà parallela a quella in cui viviamo quotidianamente, una realtà che ritroviamo durante il sonno e che dimentichiamo al risveglio, nonostante la sua presenza influisca sulle azioni e sulle scelte dell’essere umano. Stabilire un contatto con questa realtà che è parte del subscosciente, vuol dire non solo risvegliare la voce sepolta del nostro spirito, quella voce che le convenzioni più brutali tentano di ricacciare dentro (De Micheli) ma anche ristabilire l’unità perduta tra sogno e veglia, razionalità e immaginazione. Prima e dopo il Surrealismo, il tema del sogno ha interessato in maniera trasversale anche altri orientamenti artistici del secolo scorso, a partire dai simbolisti, che ne recuperano i riferimenti letterari e mitologici, passando attraverso i principali episodi del Realismo magico e la Pittura metafisica, che, in anticipo sulla poetica surrealista, punta sull’ambiguità della rappresentazione, proponendo una visione lucida e al contempo allucinata del visibile, che resta sospeso tra realtà e sogno, verità ed enigma.
Simultanea - Spazi d’Arte Spazio curatoriale, Ass. artistico - culturale, via San Zanobi 45 rosso, Firenze
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