L'albero della sua brama produsse alfine il frutto della disperazione e il fuoco della sua speranza cadde in cenere. Una notte, sentendo di non poter più vivere, uscì di casa dirigendosi verso il mercato. A un tratto una guardia notturna cominciò a seguirlo. Egli allora si mise a correre con la guardia alle calcagna. Presto altre guardie sopraggiunsero ostruendo ogni via di scampo al giovane sfinito. E il misero piangeva di cuore e correva qua e là dicendo: «Certamente questa guardia è 'Azrá'íl, il mio angelo della morte, che m'incalza così d'appresso, oppure è un tiranno di questa terra che odia i servi di Dio». Così quel sanguinante per lo strale d'amore correva col piede e col cuore gemeva. Giunto presso il muro d'un giardino, con indicibili sofferenze lo scalò, perché era veramente alto, e, dimentico della vita, si gettò nel giardino sottostante.
E là vide la sua amata con in mano una lampada in cerca di un anello che aveva smarrito. Quando l'amante dal cuore conquistato ebbe posato lo sguardo sul suo incantevole amore, tirò un gran sospiro e levò le mani in atto di preghiera esclamando: «O Dio! Concedi gloria, ricchezza e lunga vita alla guardia. Poiché la guardia era Gabriele, che guidò questo debole essere, o era Isráfíl,che portò vita a questo misero!».
Certamente le sue parole erano veritiere, perché s'è visto quanta giustizia latente v'era nell'apparente tirannia della guardia e quanta misericordia era celata al di là dei veli. Con un atto di collera la guardia aveva guidato colui che si trovava assetato nel deserto dell'amore al mare della sua diletta e aveva illuminato la tenebrosa notte della separazione con la luce dell'incontro. Aveva condotto colui ch'era lontano al giardino della vicinanza e guidato un'anima inferma verso il medico del cuore.
Orbene, se l'innamorato avesse potuto vedere la fine, avrebbe benedetto la guardia fin dall'inizio, pregando per lui, e avrebbe visto quella tirannia esser giustizia, ma siccome la fine gli era nascosta, al principio si lamentò e gemette. Eppure coloro che viaggiano per la terra fiorita della gnosi, poiché vedono la fine nel principio, vedono la pace nella guerra e l'amicizia nella collera.
(Bahá'u'lláh, Le Sette Valli e le Quattro Valli)
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