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Inaugurata, a Potenza, nei locali dell'Associazione Culturale "il Museo e la Città" in Via della Chimica 115, la mostra dell’artista Nino Tricarico, dal titolo "Rondini migranti". Si tratta dipinti realizzati, di recente, dall'artista e che rappresentano una lettura per immagini delle due città simbolo della Basilicata: Potenza e Matera. La Mostra si è già tenuta presso la galleria "Opera Arte & Arti" di Matera, finalizzata alla presentazione di progetti realizzati da artisti contemporanei, nel loro coinvolgimento con la città “Matera città della cultura 2019” dal titolo "Orme di abissi e di rondini". A questo nucleo di opere si sono aggiunti in quest'altra mostra dipinti in omaggio a Potenza dal titolo: "La città delle scale. Tricarico celebra la sua città".
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Hegel (il filosofo che può essere indicato come il rappresentante più significativo dell’”idealismo tedesco”) sostenne, nei suoi scritti, che qualsiasi forma sensibile si dimostra insufficiente, in natura, per esprimere, in maniera adeguata, l’intimità dello spirito. E fu lo stesso Hegel ad affermare che l’intuizione artistica, si rivela imperfetta e lacunosa di fronte ad una forma di conoscenza assoluta e totale, qual è la filosofia: che reca con sé - come affermava il filosofo - la “morte dell'arte”, che lo storico Giulio Carlo Argan ricondusse alla crisi irreversibile del sistema delle tecniche tradizionali della pittura, sorpassate da metodiche, estetiche e stilistiche, che possono essere ricondotte alla nascita e allo sviluppo della società industriale e capitalistica.
Le considerazioni di Hegel e di Argan hanno segnato, di fatto, un periodo storico dell’arte italiana e internazionale in cui l’espressione creativa, vuoi per il superamento delle diverse tecniche della pittura, vuoi per il crescere di un’arte di relativo “impegno sociale”, non fu più in grado di mostrare e di rappresentare - in maniera aulica com’era stato fino allora - il principio immateriale dell’universo, che è lo spirito. Questo non significa che in questa età di mezzo, tra Novecento e Terzo Millennio, non si è prodotta buona arte significa, invece, che una precisa scelta di campo, compiuta nel mondo dell’arte, portò a una parziale messa da parte della “fabulazione pittorica” a tutto vantaggio di una “fabulazione speculativa” in senso concettuale.
Con i suoi quadri, Nino Tricarico mette adesso, per intero, da parte il concetto della “morte dell’arte” e segna - con i suoi dipinti e con i suoi disegni - il riemergere e il rinnovarsi di una pittura e di un disegno fondati su modelli elevati di qualità. E lo fa percorrendo due vie estetiche e stilistiche. La prima è di una “manualità tecnica” (che passa dall’abilità tecnica dell’artista) che è in grado di evocare l’impalpabilità delle emozioni e dei sentimenti: i quali vivono dentro di ognuno, ma non si toccano; si avvertono, ma non appartengono alla dimensione materiale dell’esistere. La seconda via, percorsa da quest’artista, è di dimostrare che esistono (all’interno delle arti figurative e plastiche) dei percorsi di “affabulazione visiva” che portano l’artista (e di conseguenza il fruitore delle sue opere) a beneficiare di quei “processi creativi” che sono affini e adiacenti: alla “natura sapienziale” della gnosi, agli “elementi peculiari” dell’ingegno umano, alle “proprietà creative” dell’immaginazione e agli “attributi mistici” della spiritualità.
Tanto basta per affermare che l’arte di Nino Tricarico segna l’inizio di un nuovo Umanesimo artistico, fondato su un linguaggio della pittura e della scultura dove s’incontrano: armonia, simmetria e perfezione, requisiti, questi, indispensabili - per il cuore e per lo spirito - per trarre piacere e godimento sotto l’”ombrello tutelare” di quel “criterio di verità” che è rappresentato dalla bellezza, che come voleva il teologo svizzero, Hans Urs von Balthasar “è l'ultima parola che l'intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto. „
La maggiore peculiarità della pittura di Nino Tricarico (incentrata sulla “liricità del colore” e sulla “poetica del gesto”) insieme con il suo disegno (“minimalista” nella quantità e nella tipologia dei “segni ornati” adoperati per l’estensione dell’opera) è di esaltare sia il profondo “senso del sublime” che appartiene all’arte; sia la “dimensione intellettuale” nella quale si colloca - dal punto di vista filosofico - il pensiero umano e sia, anche, di aprire delle “finestre” (delle vere e proprie fenditure) nella percezione di quel “mondo metempirico” e di quella “dimensione metaformale” (fatta di forma/non forma) che trovano la loro “camera di compensazione” in quella “realtà d’intramezzo” della creatività umana, che si colloca a metà strada tra il finito e l’infinito, tra il conosciuto e l’ignoto, tra l’aperto dell’utopia, del sogno, del desiderio e dell’immaginazione, e il chiuso della “realtà esistenziale”, che come spiegò il filosofo danese, Søren Kierkegaard si dipana nei tre stadi dell'essere: quello estetico, quello etico e quello religioso.
Ne deriva che le “quinte immaginifiche”, visive e narrative - create da Nino Tricarico - sono in grado di descrivere e di sublimare la grandezza dell’essere umano e il suo continuo innamoramento della Bellezza.
© ® - Rino Cardone
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