Antonio Labruna nasce come studente di scienze della comunicazione, sperimenta presto la pittura, per poi scoprire la strada delle illustrazioni d’animazione. Quindi: teoria, materia, arte digitale. Infine, in quest’ultima serie di lavori, si evolve nuovamente con una tecnica insolita: china e matita su cartone, rigorosamente riciclato, e a volte legno. Un ritorno alla materia nell’uso della superficie, trattata come se fosse una scultura, un bassorilievo, togliendo gli strati superficiali del supporto, ma anche un richiamo al digitale, nella scelta di un disegno pulito, essenziale, dove spesso basta la sola linea di contorno a dare l’immagine voluta. Un lavoro che procede, potremmo dire, per ‘sottrazione’ delle superfici, sfruttando la complessità interna di un materiale ‘povero’, abbandonato e tornato a nuova, illustre e imprevista, vita. Il risultato è uno sfondo la cui levigatezza, alternata all’appena sottostante ruvidezza, appare quinta ideale ai suoi soggetti.
Antonio Labruna sembra infatti sollevare un velo superficiale per dare una sbirciatina al più ruvido ‘sotto’ anche nei temi trattati che, dietro la piacevolezza di un bel disegno, celano difatti una denuncia vera e propria. L’uomo che passa la vita a ricercare beni materiali e di prestigio, come una macchina, o a credere acriticamente a una religione di cui coglie più i divieti che la serenità della fede, o l’ambiente che, con totale indifferenza sfrutta costantemente, ecco quest’uomo erra solo, succube e ignaro di essere totalmente schiacciato dal peso di ciò che tanto si è adoperato a cercare e ad avere in suo possesso.
Denuncia del consumismo, della religione cieca, della cultura se intesa solo come sterile possesso di libri, dello sfruttamento dell’ambiente, della sua flora e della sua fauna (persino quella protetta in via d’estinzione): l’uomo, solo, va. Non si sa bene dove ma cammina, come un moderno telamone, schiacciato dal peso delle sue stesse prevaricazioni e possessi.
Il passato nell’animazione tradisce in realtà l’autore che non si sottrae del tutto al gusto di raccontare una storia, frame dopo frame, episodio dopo episodio, in una vera e propria sequenza che l’osservatore segue andando dietro al passo, verso destra, del protagonista, nudo e anonimo, quindi un uomo tra tanti, quindi l’uomo in generale.
È il racconto di un percorso ben preciso, di diretta denuncia e velata provocazione, fino all’ultima opera, in cui l’autore sembra voler indicare la sua personale soluzione, unica possibile. L’equilibrio sulla terra è sempre precario ma possibile solo se frutto della collaborazione e non della prevaricazione, di uomini soli con altri uomini soli.
Anna Terranova
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