“Paesaggio” è uno di quei termini di uso comune di cui tutti pensiamo di conoscere e afferrare appieno tutti i significati. Se è associato alla produzione artistica, evoca subito la sterminata varietà di dipinti che rappresentano scorci di mondo, con stili che possono variare dal realismo più minuzioso alladecostruzione più estrema, dall’impeto romantico o espressionista al pacato razionalismo…
Il paesaggio è anche qualcosa di molto concreto, che può essere definito in diversi modi: se per la Treccani può essere sinonimo di «veduta; panorama; parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato», per il Codice dei Beni Culturali esso è «il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni». In entrambi i casi il fattore determinante è l’essere umano, che selezionandolo e, spesso, modificandolo, trasforma l’ambiente in paesaggio che a sua volta diventa un elemento fondamentale della sua vita. Per questo motivo il tema è di grande attualità, essendo spesso oggetto di dibattiti, polemiche, scontri: la relazione dell’uomo col paesaggio, sia esso “naturale” o “urbano”, definisce sempre di più la società contemporanea di cui è esso è emanazione.
Nell’arte contemporanea tutto questo si traduce in un atteggiamento attivo, che tende a ricreare paesaggi come traduzione di impulsi ricevuti dal mondo circostante, o come proposta di qualcosa di completamente nuovo. I paesaggi sono “possibili” perché non sempre espressione di una visione soggettiva.
Un punto di partenza così complesso, un tema così vasto, non poteva che trovare sviluppo in una miriade di letture, diverse per stile, tecnica, soggetto, poetica. Si parte da chi risponde meglio a quell’idea di spazio abbracciato con lo sguardo, quando esso però è quello dell’obiettivo fotografico di Cristina Marasini (Brescia, 1989), che spia Sicilia e Berlino da insoliti punti di vista. C’è chi poi parte in esplorazione del paesaggio urbano, attraverso il video, come eleni Kolliopoulou (Atene, 1980) o la pittura, come Erika Riehle (Torino, 1983); poi chi, come Mars Tara (Genova, 1986), ricrea il proprio paesaggio urbano personale, con un plastico che allude ironicamente a quelli dei progetti architettonici, non avendone in realtà le caratteristiche strutturali.
A volte il paesaggio diventa trama, ordito decorativo, come nei dipinti di Irene Balia (Iglesias, 1985); in altri casi, come nelle opere di Viviana Valla (Voghera, PV, 1986) viene immerso in un territorio astratto, ultima rimembranza del mondo reale. Puramente mentali sono invece quelli di Paolo Scarfone (Roma, 1989), che conservano dell’esperienza la carica emotiva.
Gaia Lionello (Venezia,1986), infine, lascia intravedere paesaggi naturali attraverso una nebbia che svela e disfa l’immagine, sospesa in una dimensione quasi onirica.
La mostra è a cura di Viola Invernizzi e Alessio Moitre
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