Testi critici, Firenze, 26 January 2015
GIAN MARIO CONTI: lo Spirito e la carne
Breve riflessione critica di Giancarlo Bonomo
Critico d'arte e Fondatore del Movimento d'Arte Intuitiva

Il talento convincente ed espressivo di Gian Mario Conti trova i suoi presupposti in un percorso metodico e rigoroso di indagine che muove diversi (e controversi) livelli di percezione coscienziale. Il suo primo passaggio si traduce nel confronto con l'essenza del segno originario, del colore puro e semplice evocativo del multidimensionale. E' la fase della genesi estremamente rarefatta, il contrappunto in embrione dell'inizio potenziale che precede l'espansione della forma e, in ultima analisi, della vita manifesta. Perché in ogni atomo vi è la vita e tutto è in movimento. La materia del reale con i suoi canoni prende forma nell'imprevedibilità del divenire, ed il colore fa la sua comparsa quale sinfonia di accompagnamento emozionale volta a suscitare la meraviglia espansa di un creato incommensurabile. Macchie cromatiche improvvise, tratti imprevedibili in arcane geometrie preludono una ricerca complessa volta ad un percorso non lineare ma reticolare (evocato nella simbologia del nido intrecciato e delle piste collegate a 'rete', in un'astrazione quasi cubista), dove ogni singolo elemento è connesso, a sua volta, ad un Tutto che la ragione umana non può comprendere nell'interezza del suo mistero. Una connessione che, parimenti, anche l'immagine eloquente del ragno con la tela sembra rafforzare in misura incontrovertibile. Lacrimazioni enigmatiche derivanti dalla separazione, lacerazioni e necrosi, abrasioni e crocifissioni della mente cristallizzata nell'arido pensiero razionale che paralizza e trafigge il candore primigenio dell'Intelligenza splendente, vengono analizzati dalla lucida consapevolezza dell'artista in un cammino che pare catartico, ovvero di purificazione sia fisica che interiore. Ecco allora il confronto fra materia e spirito, le dimensioni vitali dell'Eros (evocate negli apparati genitali) e distruttive di Thanatos (i teschi), ovvero Amore, Morte e conseguente trasformazione. Nella visione di un'ipotetica ascesi, la simbologia è dunque ampiamente utilizzata dall'artista attraverso costruzioni verticali associabili a totem o esplicite anatomie falliche, probabili metafore non solo della fertilità maschile ma anche della dissolutezza carnale. E proprio la realtà carnale è il passaggio obbligato nel destino dell'uomo. In generale, il piano materiale dev'essere travalicato e bruciato in un ipotetico Purgatorio di sospiri e sofferenze dovute all'attaccamento e poi all'abbandono delle tentazioni perniciose che confondono ed invertono i valori dell'esistenza. In questo contesto, Gian Mario Conti è senza dubbio l'artista del confronto con le dualità complementari ma, non solo. E' anche l'autore di una pittura libera e senza inibizioni frutto di una profonda condizione meditativa che gli consente di ricongiungersi con il centro della sua essenza più autentica.


Giancarlo Bonomo

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