Castello Aldobrandesco Collacchioni - Capalbio
Titolo dell’evento:
La trascendenza del Reale
Artista:
Paolo Di Tonto e Giuseppe Nubila
Data di vernissage: 14 luglio
Data di chiusura: 20 luglio
www.comune.capalbio.gr.it
Capalbio Ufficio Informazioni ed accoglienza turistica, Castello di Capalbio tel. 0564.895611, Via Collacchioni, 2, 58011 Capalbio, Grosseto
Orari di apertura:10-12.30 e 17.30-23
Ingresso libero
Orario di vernissage: 18,00
Curatrice : Tiziana Di Bartolomeo
Ufficio stampa: ufficiostampa@espressionidarte.it ;
www.espressionidarte.it
Testo critico di presentazione:
testo di Gianluca Tedaldi
La trascendenza del Reale
Paolo Di Tonto - Giuseppe Nubila
Questi artisti hanno un tratto comune perché, pur in modi diversi, hanno saputo esprimere ciò che è essenziale per un moderno ritorno alla figura e all’immagine: quello di legarla saldamente alla propria esperienza di vita e di cultura. Lo spettatore, più che passeggiare davanti ad una schiera di immagini, possiamo dire viene persuaso di incontrare vere e proprie individualità figurative: il dipingere o il fare fotografia non è più un esercizio esterno alla persona, una “sovrastruttura” di cui si può fare a meno, ma diventa diario interiore e quasi un processo di iniziazione.
In questo, nel processo iniziatico, si parte dal certo e dal banale si ci si avvia a percorrere l’ignoto cammino che reperisce significati nel mondo circostante; in questo sta la sacralità di ciascun sentiero tracciato dagli artisti.
L’apparenza è solo un punto di appoggio da cui Di Tonto, Nubila si staccano entrando in quello spazio dove assume l’aspetto di un testo teatrale, che ciascun interprete può adattare o forzare in modo che si adatti a lui mentre egli stesso lo porta alla vita.
La scena di questo immaginario teatro cambia quindi secondo le inclinazioni e la sensibilità degli interpreti.
La fisicità dei corpi ritratti da Paolo Di Tonto recupera qualcosa dal gran deposito della classicità mediterranea: la larghezza dei piani di colore, la fluidità della linea, in altre parole a capacità di essere liberi dall’incalzare del tempo che passa. È classica una forma che basta a sé stessa, che non ha bisogno di spunti narrativi perché possiede in nucleo esenziale di ogni storia, il ritorno all’equilibrio originario.
La figura umana è anche paesaggio, “natura silente” (come diceva De Chirico), racconto. Universo espressivo. Vorrei citare, a proposito della figura umana, le parole bellissime scritte negli Anni Trenta da Mario Mafai sul suo diario. Si tratta di parole che possono anche riferirsi alle qualità dei dipinti di Paolo Di Tonto:
Come si vede, la ribalta sulla quale ciascuno presenta i suoi personaggi è molto diversa, non potrebbe essere altrimenti in quanto gli artisti che oggi si presentano sono, soprattutto, persone che hanno in sé un universo dal quale emergono queste opere come testimoni di molto di più che però è sommerso.
Giuseppe Nubila potrebbe offrire la sua cifra stilistica per dare suggello formale e concettuale al gruppo oggi in mostra di fronte al pubblico di Capalbio. Nubila è profondamente attratto dalla suggestione di dare uno sguardo barocco alle cose, unendo gli opposti valori di spiritualità e spessore fisico, facendo sistema tra chiaroscuro denso e luce diretta; è lui che pone in campo la realtà moderna ma la guarda con occhi carichi di memoria.
Per sintetizzare queste considerazioni alla luce di un preciso filo conduttore che, come premesso, insiste sulla novità dello sguardo che deve stare a monte della proposta di una nuova figuratività, è mia impressione che il piccolo gruppo oggi riunito possa fregiarsi di questo titolo di merito. Di Tonto e Nubila hanno ereditato dalle ultime avanguardie la capacità “nomadica” di servirsi senza timidezza delle proposte stilistiche del passato, fondendo linguaggi e, soprattutto liberandosi del pregiudizio che vuole l’antifigurazione come un criterio per misurare modernità e sincerità d’intenti. La loro scelta di narrare e rappresentare, in più, non è solo esibizione tecnica ma risponde a un intimo bisogno di trasmettere qualcosa del proprio ordine interiore e, perciò, la loro opera non è solo un prodotto commerciale, un oggetto, ma è soprattutto una comunione con lo spettatore. Storico dell’Arte Gianluca Tedaldi (giugno 2009)
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