Spesso siamo capaci di definire l’arte solo in base ad ingombranti teorie e senza di queste, talvolta, la vernice rimarrebbe solo un polimero spalmato, le macchie inamovibili e incrostati residui di colore e il supporto artistico, un delimitato perimetro d’intromissione creativa. Ritengo, invece, che l’Arte debba assomigliare molto di più a un concetto e un transito del pensiero, attraverso cui elaboriamo la capacità di parlare del mondo e con il mondo.
Quello che separa l’arte dalla realtà è rappresentato dal medium tanto che questa interfaccia dovrebbe essere comunque il parametro meno importante per decretare la qualità di un’opera d’arte. L’arte è il contenuto intrinseco, il concetto e l’idea che reca con sé la profondità della rielaborazione, il germe dell’intelletto che si associa alla propensione della riflessione continua, tanto che un contenuto senza un’idea è una forma vuota. E l’arte non fa eccezione, poiché un’opera senza idea è pura rappresentanza e vuoto talento narcisistico (quando esiste).
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Ogni forma è schiava di qualcosa. La forma classica è assoggettata verso un’eccessiva linearità storica, quella contemporanea vittima della moda determinante, quella futura ostaggio di un‘inadeguata mancanza di coraggio. Pertanto dissociandosi dalla storia, dalla moda e dalla paura si riesce ad esprimere una forma compiuta, magari imperfetta, ma comunque capace di dare valore e pregnanza intellettuale.
Forse il nuovo itinerario, per chi desidera a tutti i costi fornire un‘etichettatura e una mappatura, potrebbe sfiorare l’ambito dell’attribuzione dubitativa che nel suo “magari” o “probabilmente”, riconoscono la giusta dislocazione di questo fare arte per concetti >>.
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