In mostra, una quarantina di opere storiche dei due artisti, realizzate dal 1974 al 1978. Le “Grammature di colore” su supporto intonaco di Marchegiani saranno poste in dialogo con i lavori “Senza Titolo” di Cacciola, a base di cemento e asbesto su tela.
L’esposizione ha l’obiettivo di promuovere una nuova e approfondita riflessione sull’arte dei due autori, precoci esponenti della Pittura Analitica e della sensibilizzazione pittorico-materica dei supporti. Le due lezioni di pittura, evidentemente diverse, si confrontano nella mostra mettendo in risalto la radicalità delle originali tensioni linguistiche ed alcuni sviluppi metodologici, inerenti alla ricerca di ognuno di loro, che sottolineano la fecondità di quella comune stagione precedente ogni successiva declinazione delle numerose proposizioni neo-pittoriche manifestatesi negli anni ’80.
«Le “Grammature di colore” su supporto intonaco – scrive Bruno Corà – sono state declinate da Marchegiani in versioni differenti, tanto da costituire una delle fasi del suo lavoro tra le più cariche di sviluppi di implicazione, investendo e intersecando ambiti come la geometria, la ritrattistica, l’interior decoration, la filosofia e perfino il linguaggio codificato. Le precoci “Grammature di colore” di Marchegiani si annoverano come una delle sue numerose diverse ricerche sui fondamenti del fare pittura quale sinonimo del suo magico mantra, spesso riferito, del “fare per far pensare”. Alle “Grammature di colore” di Marchegiani, negli stessi anni, come in un'ideale consegna, succede l’azione della pittura di cemento di Cacciola. Suscitato dalle proprie “Superfici integrative” del 1973, l’interesse e la ricerca di Enzo Cacciola di nuovi materiali nel processo creativo della pittura sfocia in una serie di opere in cemento e asbesto su tela nel luglio 1974. Se a Marchegiani questo lavoro compiuto da Cacciola interessa, è proprio perché, dal suo punto di vista, esso rappresenta l’invenzione nuova che succede al supporto intonaco della pittura su cui le “Grammature” sono realizzate. Con Cacciola e i suoi “Cementi” si manifesta un termine temporale che deve essere posto in relazione a quello in cui la pittura ha iniziato a manifestarsi su supporto ‘muro’ e quindi su intonaco, di cui Marchegiani si rivela essere l’interprete critico-analitico-pittorico più lucido e chiarificatore in senso concettuale. In modi diversi, Marchegiani e Cacciola hanno dato prova fino ad oggi di una tenuta davvero sorprendente di tensione ideativa e operativa, la cui fecondità ha fornito l’interessante terreno da cui – tra le altre – sono cresciute e venute in evidenza le elaborazioni originalmente sensibili e durature osservabili in questo episodio di Verona».
Nel corso della mostra sarà pubblicato un catalogo con la riproduzione delle opere esposte, i materiali iconografici e un saggio storico-critico di Bruno Corà.
La sede di FerrarinArte (Via D. de Massari 10, Legnago) è aperta al pubblico lunedì ore 15.30-19.00, da martedì a sabato ore 9.00-12.30 e 15.00-19.30, chiuso la domenica; chiuso 25-26 dicembre, 1 e 6 gennaio. Per informazioni: T. +39 0442 20741, info@ferrarinarte.it, www.ferrarinarte.it. La sede di Kromya Art Gallery Verona (Via Oberdan 11c, Verona) è aperta al pubblico da martedì a sabato ore 10.00-12.30 e 16.00-19.30, domenica ore 15.30-19.30; chiuso 25-26 dicembre, 1-2 gennaio. Per informazioni: T. +39 339 4166956, riccardo@kromyartgallery.com, www.kromyartgallery.com.
Elio Marchegiani nasce a Siracusa nel 1929 e, a partire dal 1934, trascorre infanzia e giovinezza a Livorno, città che insieme a Pisa lo vedrà studente al liceo classico e poi in corsi universitari giuridici ma soprattutto propiziatori all’incontro con Mario Nigro che influirà sul suo destino d’artista. Non diversamente la successiva conoscenza di Gianni Bertini è egualmente decisiva per l’ulteriore passo suggeritogli da quell’artista, di lasciare la provincia per metropoli come Parigi, Milano, Roma ed altre città più idonee allo sviluppo del suo lavoro. È del 1958 la sua prima mostra personale alla galleria Giraldi di Livorno. L’anno successivo partecipa alla 8^ Quadriennale di Roma, mentre a Firenze partecipa al gruppo 70 e si lega d’amicizia con Giuseppe Chiari. Intanto cresce in Marchegiani l’interesse per il rapporto arte e scienza che diverrà costante nel suo lavoro. Durante gli anni ’60 collaborano con lui le gallerie Apollinaire (Milano) diretta da Guido Le Noci e l’Obelisco (Roma) diretta da Gaspero Del Corso. Nel 1968 riceve la medaglia d’oro del premio A.I.C.A. (Associazione internazionale critici d’arte presieduta da Giulio Carlo Argan). Tra il 1971 e il 1973 realizza “le gomme” portate alla Biennale di Venezia del 1972. Alla luce del principio “fare per far pensare” concepisce in questi anni le “Grammature di colore”, sintesi geometrico-astratta dell’affresco italiano. Esempi di tali creazioni sono presenti alla GNAM di Roma, al museo del Novecento e alle Gallerie d’Italia a Milano. Dal 1979 è titolare della cattedra di Tecnologia dei materiali e ricerche di laboratorio presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino in cui successivamente sarà nominato alla cattedra di pittura divenendo poi direttore di quella istituzione dal 1983 al 1988. Dopo le ricerche sul movimento e la luce lavora alla ricostruzione di “Feu d’artifice” di Giacomo Balla. Ha inizio per Marchegiani una frequentazione di matematici e scienziati e la sua concezione dichiarazione secondo cui “l’arte è una scienza esatta che ha avuto la fortuna di non esserlo”. Da diversi anni vive e lavora a Pianoro Vecchio (BO).
Enzo Cacciola nasce ad Arenzano (GE) nel 1945. La sua prima mostra personale è del 1971 presso la galleria La Bertesca di Genova concentrandosi sulle dinamiche dei rapporti piano-forme-colore. Nel 1973 inizia ad operare su nuovi materiali alternativi all’olio su tela e crea le prime opere materiche concentrandosi sulle elaborazioni delle superfici. Nel 1975 partecipa alla mostra “Analitishche malerey” invitato da Klaus Honnef, curatore insieme a Catherine Millet dell’importante mostra sulla pittura analitica, con quadri elaborati con cemento tali da rilevare i numerosi aspetti problematici relativi allo spazio di analisi suscitato dalla matericità di quelle opere. Nel 1977 Cacciola è invitato e partecipa alla Documenta 6 di Kassel e nel 1979 compie viaggi negli USA e nel Messico, esponendo a Washington, Panama City e Città del Messico. Nel 1985, dopo una parentesi dedicata ad esperienze figurativo-concettuali, l’artista torna a compiere ricerche sulla materia che affronta con interventi segnici sulla superficie dei suoi lavori. Intorno alla metà degli anni ’90 si dedica ad una pittura di matrice concettuale in cui si impegna a risolvere numerose esperienze astratto-geometriche relative alla asperità delle superfici e ai rapporti tra materia e geometria. Dopo la storica mostra sulla “Pittura analitica” (1975) sono numerose le esposizioni dedicate alla situazione della pittura aniconica e analitica promosse in Italia dal 2006 fino all’attualità, a cui Cacciola viene sempre invitato e partecipa. Nel 2017 avvia una esperienza con un nuovo tipo di cemento bianco “Nanodur chromatarm” che matura durante un soggiorno a Cuba ed espone successivamente presso Ultraspazio nell’ex edificio Buzzi di Torino in una mostra curata da Marco Meneguzzo.
Commenti 0
Inserisci commento