Daniela Baldon, Fiorenzo Bellina, Daniel Bossini, Mara Dario, Natalia De Poli, Monica Maffolini, Mauro Ottuzzi, Giorgia Peri, Delfina Platto. Ecco i nove artisti.
E come a volte accade nulla è per caso. Provengono da un progetto chiamato "Natur_Arte”, e raccontano lo splendore che non si riconosce più, l’infinito sotteso a ogni pennellata, come a concepire ogni volta un giardino oppure a immaginare un parco tra evocativi grumi di colori lasciati colare in uno spazio di cui appropriarsi. Così l’approccio visivo di “Gruppo 9”, teorizzato dal critico d’arte Andrea Barretta, sta nella contestualità
con la capacità di resilienza del pianeta che ha nove soglie superate le quali la possibilità
di cambiamenti imprevisti e irreversibili metterebbe a rischio la sopravvivenza stessa dell’umanità. Poi, il numero 9 sfuma tutti gli altri numeri e rappresenta il cammino sequenziale dell’uomo come simbolo del compimento, come generazione di nuova vita.
Da qui nasce l’idea di trasmettere il concetto del paesaggio inteso come natura nel particolare della bellezza dei colori e non solo, ponendo la questione di una condizione culturale e nel dipingere rivedere l’aspetto romantico nell’arte in una contaminazione di stili giacché ognuno propone una propria riflessione creativa. Così la mostra alla “Galleria ab/arte” di Brescia vuole porre l’attenzione sui temi attuali dell’ambiente, partendo da un programma sensibile a dare un messaggio sulla sostenibilità affinché questo sia ben visibile a chi visiterà la narrazione con opere scelte. Per far sì che quanto ci circonda sia una manifestazione epifanica se consideriamo che la capacità di resilienza del pianeta ha nove soglie superate le quali la possibilità di cambiamenti imprevisti e irreversibili metterebbe a rischio la sopravvivenza stessa dell’umanità. E noi ne abbiamo valicate già quattro.
Limiti che non riusciamo più a valutare in una globalizzazione disastrosa che purtroppo coinvolge anche i processi del sistema terrestre, proposti nel 2009 da un gruppo di scienziati nel rapporto capitanato da Johan Rockström del Centro di Resilienza di Stoccolma e Will Steffen dell'Università Nazionale Australiana, in quanto emergerebbe che nella nostra vita quotidiana sembrerebbe nulla possiamo contrapporre. Ne sono ben consapevoli i “nove” perché praticano l’ecosistema come condizione culturale affinché il bello che ci è stato consegnato sia da tutelare in tutti i suoi aspetti. Non solo. Non troviamo in mostra una precisa tematica paesaggistica, non la mimesi su cui si sono profusi Platone e Aristotele, ma un messaggio di fondo a partire da una definizione di natura come creato nella creatività dell’arte.
Per loro, per gli artisti, s’evidenzia dunque il trasmigrare sulla tela di quanto la natura già dà come per la composizione di un mazzo di fiori con vari elementi vegetali in una sorta di complessa annotazione di significanti e di abbinamenti che creano armonia. E l’arte è armonia. Tant’è che per assurdo nessuno di loro dipinge fiori ma dai fiori rubano sfumature, tonalità, e prima che sul quadro ecco che sulla tavolozza si ravviva un “mazzo” di colori da cui trarre l’anamnesi pittorica.
Nascono soggetti altri tra astratti e informali, tra paesaggi ribaltati e atmosfere segniche, tra macchie e gesti, tenendo come testimone il proprio lavoro quotidiano con gli occhi nella bellezza. Così il senso della storia comune di questi artisti emerge da ogni tela giacché sono conversazioni con la natura seppur costretta dall’uomo a sopravvivere a se stessa, eppure non c’è in queste opere d’arte un chiaro richiamo ecologista e neanche un rimprovero, più che giudizio, allo sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali. Non vi decifriamo, insomma, una pittura sociale. Perché hanno preferito una voce unica in un documento scritto: un manifesto scritto dal critico d’arte Andrea Barretta che sarà presentato durante l’inaugurazione.
/ La mostra resterà aperta con i seguenti orari: da giovedì a sabato 9,30 - 12,30 e 15,30 - 19,30
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