Mostre, Brescia, 08 February 2014
Le diverse anime di due artisti e il loro mondo, tra realismo sociale e la politica, la vita quotidiana e l’eros, i paesaggi e le nature morte, le dame e i generali, e che non hanno mancato di far trasparire l’impegno pubblico e la fantasia, il rigore e la realtà.

A cura di Andrea Barretta
Allestimento di Riccardo Prevosti

Lo spunto per un legame tra Enrico Baj e Renato Guttuso, due artisti di diverse generazioni, lo troviamo nel libro che li vede coautori, nel 1987, dal titolo “Fantasia e realtà” (ed. Rizzoli), conversazioni tra idee, mode e personaggi del Novecento italiano con qualche puntatina a Parigi e New York. Il prologo ci dice che il 26 luglio 1986 “verso le undici Baj arriva da Guttuso a Velate, vicino a Varese. Guttuso è nello studio, che dipinge un’anguria spaccata in due accostata a un boccale. Baj gli dà il dattiloscritto delle loro conversazioni registrate in settembre dell’anno precedente” e impaginate nel libro. “Poi, quasi a far confluire parole e discorsi in segni e immagini, si mettono a disegnare insieme. (…)Testa a testa come se giocassero a carte, come nel quadro di Cézanne, Baj e Guttuso disegnano e continuano a seguire il filo dei loro discorsi: David e Courbet, Man Ray e Picasso ...”. Ma per due pittori apparentemente lontani e distanti nelle personali ricerche artistiche che il titolo del volume ben esplica assegnando la “fantasia” a Baj e la “realtà” a Guttuso, ecco arrivano a scoprire una possibilità di comunanza almeno per la passione all’arte e all’argomentare sulla pittura, sul mercato e sul collezionismo, attraverso le loro personali esperienze di protagonisti nella storia della modernità.
Renato Guttuso (1911-1987), nativo di Bagheria (Palermo) che nel 1937 arriva a Roma dove entra in contatto con il fronte figurativo della “Scuola Romana”, e Enrico Baj (1924 - 2003) nato a Milano, considerato uno dei principali esponenti dell’avanguardia degli anni Cinquanta del XX secolo: niente di più diverso eppure se il primo dipinge soggetti e tematiche popolari (contadini, lavandaie, boscaioli, braccianti), ed è presente in quel forte dibattito sul realismo sociale e l’ingerenza della politica, l’altro testimonia una lotta al potere e si batte contro l’autoritarismo che denuncia opponendosi alle convenzioni borghesi ed alle situazioni socio-politiche. Non solo. Guttuso si trasferirà a Milano e aderirà a “Corrente”. Esprimerà il suo essere un artista politicamente attivo come membro del Partito Comunista (suo il logo) e partecipa alla Resistenza; sarà senatore per due legislature (1976 e 1979) e tra i fondatori del movimento artistico “Fronte Nuovo delle Arti”; mentre Baj, intellettuale dall’impegno civile contro ogni tipo di violenza, ispirato più che dal surrealismo dal dada, fonda anni dopo il movimento nucleare e intrattiene rapporti con Marcel Duchamp, Yves Klein, Max Ernst, ma anche con Lucio Fontana e Piero Manzoni.
Se la produzione di Guttuso rimarrà fedele ad uno stile figurativo realista tra immagini spesso autobiografiche con una pittura dalla consistenza materica intrisa di esperienze quotidiane, quella di Baj fin dagli inizi riprende la tecnica del “collage”, con l’utilizzo di passamanerie, coccarde, bottoni, in una fantasia” giocosa e a volte grottesca. Non solo. In un certo qual modo anche in Guttuso potremmo ravvisare la tecnica dell’assemblare, ad osservare bene alcune sue opere, soprattutto più evidente in quelle di grande formato, che vanno secondo una logica di montaggio di parti fra loro separate, in un mettere insieme la costruzione del contenuto.
Se Guttuso rappresenta scene politicamente connotate come in “Partigiana assassinata”, “Bambino sul mostro” nonché il “Comizio di quartiere” del 1975 e i “Funerali di Togliatti”, dove il rosso delle bandiere contrasta ed emerge sui grigi e i bianchi dei volti dei presenti, ecco che Baj oltre che nelle “Dame” e nei “Generali”, altrettanto “politicamente” si connota ne “I funerali dell’anarchico Pinelli” (1972), in “Nixon’s Parade” (1974) e in “Apocalisse” del 1979, a dimostrare un comune impegno in anni simbolo di cambiamenti sociali, politici e culturali. E provocatoriamente ornava le sue “figure” con vistose e pacchiane medaglie o coccarde o altro, perché “essere decorati, ricevere una medaglia da appendere sul petto, è il sogno di tutti. Essere generali, comandanti, professori, commendatori, cavalieri, poter impartire ordini, disporre delle cose e degli eventi, è la nostra più riposta ambizione”.
Enrico Baj ha sempre mantenuto un’attività collaterale di scrittura collaborando con “Phases” e con “Il sole 24 ore” e il “Corriere della sera”, e pubblicando numerosi libri tra i quali “Patafisica”, “Impariamo la pittura”, “Ecologia dell’arte”. “Cose, fatti, persone”. Inoltre è sempre stato in contatto con esponenti del mondo letterario ed artistico internazionale e con loro ha realizzato libri d’artista con multipli, oltre alla collaborazione a edizioni con André Breton, Marchel Duchamp, Edoardo Sanguineti e Umberto Eco. E fonda nel 1954, con il danese Asger Jorn (tra i promotori del Gruppo Cobra), il “Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista”, riunendo alcuni artisti sperimentali nello spirito del primo “Bauhaus”. Anche Renato Guttuso ha intrattenuto rapporti con personaggi di cultura e ha tenuto interventi su quotidiani e periodici, pubblicando in un volume, “Mestiere di pittore”, una scelta di brani di diario.
Considerato il massimo esponente del realismo, Guttuso al carico istituzionale ha alternato altri soggetti come nature morte (innovative come in Cézanne e nel cubismo) e paesaggi esistenziali, dai colori espressionistici e caldi della sua terra, dai gialli dei limoni al verde delle verdure, sottolineati dai blu accesi e il nero a contornare lo spazio. Poi le donne, privilegiate nella sua vita artistica, delineate nella loro femminilità naturale. Diceva che “dipingere non è difficile” ma che lo fosse il “pensare”, perché “dipingere è essere ispirati da ciò che si vede e si pensa, da ciò che si scopre”.
Osserva Baj durante la conversazione con Guttuso: “Tu dipingi il visibile, io dipingo l’immaginario. Tu corri il rischio della copia, io dell’arbitrio”. Così due storie personali e culturali diverse trovano, alla fine, un terreno comune proprio nel rischio: “quello che l’arte di oggi, con le sue mode instabili, le sue arbitrarietà, la sua superficialità, tagli il collegamento tra il pittore e il pubblico, renda impossibile la lettura dell’opera allo spettatore”. E entrambi affermano che l’arte d’immaginazione o di realismo, “da una sola cosa non può prescindere: dal suo essere comunicazione”. Su questa base comune Baj e Guttuso si sono intesi perfettamente.
Andrea Barretta

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