Il Novecento in "movimento"
Mostre, Brescia, 14 September 2013
Galleria ab/arte
dal 14 settembre al 26 ottobre 2013
Brescia, Vicolo San Nicola, 6

A cura di Andrea Barretta
Allestimento di Riccardo Prevosti

In mostra opere di: Franco Angeli, Carla Accardi, Arman, Enrico Baj, Agostino Bonalumi, Corrado Cagli, Eugenio Carmi, Giuseppe Chiari, Antonio Corpora, Lucio Del Pezzo, Piero Dorazio, Sergio Fergola, Renato Guttuso, Ennio Morlotti, Bruno Munari, Achille Perilli, Armando Pizzinato, Mauro Reggiani, Mimmo Rotella, Giuseppe Santomaso, Mario Schifano, Giulio Turcato, Emilio Vedova.

La mostra sintetizza la rilettura di un periodo di grande fermento artistico qual è stato quello della prima metà del Novecento, ovvero un’avventura tra le più interessanti dell’arte moderna, e rappresenta un’occasione per ritrovare i segni di quel linguaggio artistico avviato sulla distinzione tra “astratto e concreto”, negli stessi anni in cui sarà pubblicato a Milano il manifesto realista “Oltre Guernica” e a Roma quello del “Gruppo Forma 1”, mentre ancora a Milano nasceva il “Fronte nuovo delle arti”, e ancora dal “Gruppo degli Otto” al Gruppo 58, dal movimento dei “nucleari” al “Gruppo Origine” e a “Fluxus”, in uno spaccato di storia dell’arte che ancora oggi influenza l’arte contemporanea.
L’esposizione accoglie una selezione di opere significative dei percorsi creativi degli artisti rappresentativi di quegli anni che suggerivano il rapporto dialettico fra loro pur in un contesto di ricerche diverse, fino a scoprire analogie e differenze sia in ambito nazionale che internazionale.


L’esposizione accoglie una selezione di opere significative dei percorsi creativi della prima metà del Novecento, con gli artisti rappresentativi di quegli anni che suggerivano il rapporto dialettico fra loro pur in un contesto di ricerche diverse, fino a scoprire analogie e differenze sia in ambito nazionale che internazionale. Un omaggio ai protagonisti in un percorso nell’arte in “movimento” attraverso le esperienze dei più importanti “gruppi” di quegli anni, e un’occasione per ritrovare i segni di quel linguaggio artistico già avviato nel 1946 dal critico Lionello Venturi sulla distinzione tra “astratto e concreto”, lo stesso anno in cui sarà pubblicato a Milano il manifesto realista Oltre Guernica e l’anno dopo, a Roma, quello del Gruppo Forma 1 mentre ancora a Milano nasceva il Fronte nuovo delle arti, che aveva generato un confronto culturale in una stagione creativa importante quale fu quella degli anni del secondo dopoguerra. Lo facciamo con obiettiva lontananza dalle dottrine di allora, sicuri che l’arte non può che essere alimentatrice di cultura e di libertà di pensiero, e certi che la divisione tra realisti e astrattisti, anche se foriera di aspre controversie e accesi dibattiti e diktat non negoziabili imposti dal potere rappresentativo di quegli anni, fu comunque propositiva per un percorso creativo, al di là della stroncatura di Palmiro Togliatti, nell’ottobre del 1948, della mostra a Bologna organizzata da Forma 1 e dal Fronte nuovo delle arti: una raccolta di “cose mostruose”, ebbe a scrivere, di “orrori e scemenze”, di “scarabocchi”.
La tendenza astratta portata avanti dal gruppo Forma 1 a Milano era motivata - oltre agli attriti con il figurativismo guttusiano - dall’esigenza di “parlare un linguaggio europeo” che - scrivono - li “costringe ad una chiara presa di posizione contro ogni sciocca e prevenuta ambizione nazionalistica e contro la provincia pettegola inutile qual é la cultura italiana odierna”, e proclamandosi all’inizio del manifesto “formalisti e marxisti”, affermavano l’essere convinti di poter conciliare la loro posizione politica e la scelta di una poetica non figurativa, in linea - appunto - con le esperienze europee ma soprattutto più vicino alla modernità che avanzava nella voglia di dimenticare i dolori della guerra.
Il gruppo finirà per sciogliersi nel 1951 con la spaccatura tra realisti ed astrattisti, già con la partecipazione, nel 1950, di alcuni di loro alla Biennale di Venezia come ala non figurativa del Fronte Nuovo, e da qui, due anni dopo, Birolli, Corpora, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova, emigrarono nel Gruppo degli Otto, sostenuto da Lionello Venturi e nato in opposizione al neorealismo, tra i primi a percepire la novità delle tematiche informali.
L’anno dopo, sciolti gli Otto, ancora a Milano si costituisce il Movimento Nucleare fondato da Enrico Baj e Sergio Dangelo, che aveva come principale intenzione quella di studiare ed analizzare i rapporti tra scienza, arte e tecnologia. Per questi artisti essere nucleari significava essere uomini contemporanei e, affermando la loro attualità, il bisogno di prendere coscienza di un mondo in rapida trasformazione.
Se l’impressionismo liberò la pittura dai soggetti convenzionali, e Cubismo e Futurismo – scrivevano i Nucleari - a loro volta hanno tolto l’imperativo della limitazione oggettiva, ecco l’Astrazione per fugare anche la pur minima intenzione
o esigenza di rappresentazione, ma non basta ancora perché “l’ultimo anello di questa catena sta per essere oggi distrutto: noi Nucleari denunciamo oggi l’ultima delle convenzioni – lo stile”. A Milano, infatti, in settembre del 1957, un nutrito gruppo di artisti firmano il manifesto “Contro lo stile”, dove si dichiarava ufficialmente superato il Movimento Nucleare, e in cui s’intendeva contrastare e distruggere lo stile manieristico in pittura. Nel filone nucleare e nella ricerca di nuovi linguaggi nasce l’anno dopo a Napoli - nel 1958 - il Gruppo 58, che si colloca ancora, come per Baj e Dangelo, all’interno di una sperimentazione di provenienza surrealista e dadaista, nel tentativo di andare oltre i generi nell’arte. L’iniziativa fu di Colucci, già aderente alla Pittura Nucleare, con Lucio Del Pezzo, Di Bello, Sergio Fergola, Castellano, Persico e Palumbo.
Arrivano, dunque, gli anni Sessanta che accentuerà l’esistenziale che non sarà mai un vero e proprio movimento d’arte ma un modo di essere. Arriva Fluxus, tra il 1961 e il 1962, con Giuseppe Chiari e gli altri componenti che univano l’arte visiva alla musica e alla poesia, con l’apertura a tutto e a tutti nell’intento di abolire i confini fra artista e arte, perché “l’artista non deve fare della sua arte una professione” e “tutto è arte e tutti possono farne. L’arte deve occuparsi di cose insignificanti, deve essere divertente, accessibile a tutti”.
Andrea Barretta

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