Mostre, Rovigo, Adria, 22 November 2014
L’architettura in Italia versa in un grande stato di crisi: si costruisce poco e male, la politica si inserisce prepotentemente nella filiera, non viene premiata la meritocrazia, la qualità non viene considerata. Il progetto e la progettualità non vengono tenuti in considerazione dal sistema, come anche i talenti, gli oppressi, gli ammalati, i poveri, ecc.
L’arte di Baran esprime questo disagio utilizzando i suoi progetti su carta.
Il progetto di architettura non è solo un insieme di linee, ma è l’espressione di un concetto, frutto di un’idea e di una visione della vita. Analizza la storia, i luoghi ed il paesaggio e li interpreta usando forme e materiali.
Baran prende quindi i suoi progetti e li fa muovere attraverso i principi fondatori dell’architettura Vitruviana: aria, terra, fuoco e acqua.
L’elaborato progettuale, in principio, viene fatto ossidare all’aria, strusciare sulla terra, bruciare sul fuoco e spegnere sull’acqua.
Il risultato è costituito da brandelli di un progetto deturpato dall’azione dell’artista e dai fenomeni naturali primari per i quali era stato pensato.
Quel che resta viene posto sul bianco della tela ovvero il grande vuoto generato dalla nostra società che lascia ai margini non solo le persone deboli e sfortunate ma anche i progetti che con queste si identificano: i progetti bruciati.
Questi, anche se posti ai margini, non per questo hanno meno valore, anzi essi si fanno notare molto di più del grande vuoto lasciatoci dal mondo.
Queste opere non saranno immutabili nel tempo, infatti la carta invecchierà grazie agli effetti della luce e dell’aria , come un’architettura esposta alle intemperie.
Il tutto appare come un’antica carta geografica ove i bordi bruciati dei progetti sono come lembi di terra che si affacciano sul mare: una mappa di un cambiamento che parte dai resti culturali e storici sopravvissuti alla superficialità del nostro mondo.
I “progetti bruciati” ricordano anche i frammenti di tanti affreschi salvati da Baran nei restauri di edifici storici; quei resti di storia e cultura sui quali porre le radici per una rinascita.
L’arte di Baran esprime questo disagio utilizzando i suoi progetti su carta.
Il progetto di architettura non è solo un insieme di linee, ma è l’espressione di un concetto, frutto di un’idea e di una visione della vita. Analizza la storia, i luoghi ed il paesaggio e li interpreta usando forme e materiali.
Baran prende quindi i suoi progetti e li fa muovere attraverso i principi fondatori dell’architettura Vitruviana: aria, terra, fuoco e acqua.
L’elaborato progettuale, in principio, viene fatto ossidare all’aria, strusciare sulla terra, bruciare sul fuoco e spegnere sull’acqua.
Il risultato è costituito da brandelli di un progetto deturpato dall’azione dell’artista e dai fenomeni naturali primari per i quali era stato pensato.
Quel che resta viene posto sul bianco della tela ovvero il grande vuoto generato dalla nostra società che lascia ai margini non solo le persone deboli e sfortunate ma anche i progetti che con queste si identificano: i progetti bruciati.
Questi, anche se posti ai margini, non per questo hanno meno valore, anzi essi si fanno notare molto di più del grande vuoto lasciatoci dal mondo.
Queste opere non saranno immutabili nel tempo, infatti la carta invecchierà grazie agli effetti della luce e dell’aria , come un’architettura esposta alle intemperie.
Il tutto appare come un’antica carta geografica ove i bordi bruciati dei progetti sono come lembi di terra che si affacciano sul mare: una mappa di un cambiamento che parte dai resti culturali e storici sopravvissuti alla superficialità del nostro mondo.
I “progetti bruciati” ricordano anche i frammenti di tanti affreschi salvati da Baran nei restauri di edifici storici; quei resti di storia e cultura sui quali porre le radici per una rinascita.
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Lino
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