Mostre, Milano, 25 September 2014
Visitando lo studio di Andrea Diamantini ci siamo resi conto che il suo lavoro, per realizzarsi, ha bisogno di spazio, non solo fisico ma anche e sopratutto "emotivo". Andrea nel suo lavoro riflette infatti sull’impatto che la meraviglia e lo stupore, avvolgendoci, si determinano in un momento e in uno spazio particolare, di fronte al quale qualcosa di normalmente spiegabile, in quell'istante e in quel luogo interiore, ci lascia storditi. E’ andare oltre il significato, anzi annullarlo in nome dell’emozione. Così i suoi boschi, non sono più boschi reali ma sono l’impronta, il "negativo" che rimane sulla nostra anima, come qualcosa di conosciuto e allo stesso tempo sconosciuto e conturbante. Lo spazio delle enormi tele, da cui ha inizio questo lavoro diventa allora necessario, indispensabile.
Abbiamo accolto con entusiasmo il suggerimento di Andrea per il titolo di questa personale: “To the Wonder”, come l'omonimo film di Terrence Malick. Dice Andrea: "...la mia pittura nasce per un riconoscimento della bellezza. Tutto quello che ho fatto è nato da questo, per la meraviglia verso le cose create. Nel momento in cui ti stupisci alla vista di qualcosa di inatteso, già cerchi a chi indirizzare la tua gratitudine e ti chiedi "Cos'è questo amore che ci ama?" proprio come Malick fa dire alla protagonista del film. La realtà fecondata dallo stupore, una domanda semplicemente vera." La meraviglia si deve anche all'uso intimo, privato, quasi scandaloso che Andrea fa del colore. I blu di Diamantini non sono solo "notti" ma catturano la luce e i toni che nessun filtro ottico è in grado di riprodurre se non l'emozione, il suo ricordo, la sua esperienza. Come i tratti neri, assoluti...sai di averli "visti" così..eppure sai anche che "così" non sono mai esistiti. Sono lì solo per te. Per ipnotizzarti, per incantarti, per portarti...TO THE WONDER

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