In seguito a ben due anni di studi, tra gli Stati Uniti e l’Italia, l’artista mostra per l’occasione gli sviluppi della sua nuova ricerca: riflessioni più severe sulla natura e sull’infanzia, in chiave rappresentativa pur sempre onirica e metaforica.
“Troviamoci in galleria. Elisa sta ripartendo per gli Stati Uniti, poi forse va in Giappone e vuole mostrarci dei nuovi lavori che ha realizzato”, scrive Farinotti. Inizia così il racconto di un progetto sviluppato da Elisa Bertaglia nell’arco dei due anni. Concerto. Singing over the bones è un percorso meticoloso e denso che mette in mostra più di cinquanta opere di diverse dimensioni – da piccoli disegni e opere realizzate su tela, carte orientali, seta, cemento, ceramica, passando per lavori di medie dimensioni fino a grandi tele, ultime realizzazioni dell’artista – che la Bertaglia ha elaborato attraverso una ricerca determinata e quasi ossessiva confrontandosi con supporti e materiali diversi.
Le opere della Bertaglia sono infatti elaborate e complesse da leggere, perché raccontano numerose esperienze, cambi di rotta e stratificazioni di materia e pensiero. Macchie di colore sopra paesaggi e accumuli di ossa, corna di animali o foglie di pioppi, minuziosamente disegnati a matita, a creare delle texture come base solida sopra cui l’artista è andata a giocare con forme, colorazioni e materiali nuovi, lasciando anche al caso – nelle ceramiche ad esempio – la resa per gli occhi.
La mostra da Martina’s Gallery inizia con un ostacolo da superare: un totem in cemento di due metri e mezzo circa da aggirare, dopo averlo scrutato dal basso, scovando in cima le piccole ossa di animale che l’artista ri-utilizza poi in installazioni in dialogo con le opere pittoriche. La colonna realizzata da Elisa Bertaglia appositamente per lo spazio, come segnale di iniziazione di un rito che si è compiuto e che, per il fruitore, ha inizio dalla sua fine: dall’ultima grande opera dipinta a fine 2018, per poi percorrere un sentiero a ritroso, interagendo con tutti quegli input e spostamenti che la Bertaglia ha assimilato dal 2017, viaggiando e vivendo tra diversi paesi, e con un viaggio in Giappone imminente, in costante dialogo con artisti contemporanei di suo interesse, Hao Liang, Liz Deschenes, Luc Tuymans o Tamara Ferioli.
“Attraverso un linguaggio onirico e simbolico, indago ossessivamente il concetto di soglia come metamorfosi, uno spazio altro in cui bimbi e fiere, ossa e piante sono i simboli del corto circuito nel complesso compendio di rituali e regole che celebrano il passaggio tra non-coscienza e consapevolezza”, scrive Bertaglia.
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