Testi critici, Roma, 28 September 2013
Di forte impatto visivo e soprattutto emotivo, queste immagini, delle vere e proprie apparizioni, supportate dai colori vibranti e pieni, inducono all’introspezione, alla ricerca del sé. Risucchiato dai pieni e dai vuoti, il nostro sguardo scivola, si perde nelle innumerevoli evoluzioni: pieghe dell’anima, mutevoli cambiamenti dell’essere. Galassie sconosciute si aprono a noi, argonauti persi nel costante adempimento delle nostre missioni, spazi siderali creati su un’unica forma coerente: il cerchio, la sfera, utilizzata dalla natura come esempio di perfezione e dall’artista come cifra di un’imperfezione possibile: una costruzione utile all’esplorazione dell’infinito emotivo, ricca di tassellature del piano e dello spazio, perso in geometrie interconnesse che evolvono in forme differenti, ma sempre riconducibili alla matrice; come un dna, comune a tutte le forme di vita ma generatore di un’incalcolabile diversità.
Non siamo di fronte ad un uso razionale della geometria di sapore Escheriano, quanto più alla ripetitività evolutiva della decorazione aniconica, anch’essa colma dell’angoscioso interrogativo che porta l’essere umano a scandagliare le profondità delle sue sensazioni.
Colmando di segni grafici tutta la superficie, l’artista comunica la totalità dell’emozione provata ed espressa, forza motrice di un meccanismo inarrestabile, vulcanico nella sua energia esplosiva, ed altrettanto travolgente; un horror vacui, un riempimento ossessivo dello spazio: un’esperienza totalizzante che ci porta alla rivelazione di nuove estensioni sia mentali che fisiche.
Nulla potrebbe impedire la trasposizione di questi segni poderosi su una parete o su una superficie ancor più complessa e articolata, un nuovo Galla Placidia, una nuova Santa Sofia trasformati, attualizzati in un planetario delle emozioni.
Opere come lenti d’ingrandimento, riflessi dell’anima, spazi imperfetti che ci consentono di ritrovare giorni perduti o di proiettarci in un futuro ancora tutto da costruire.

Maria Rosaria Fantin

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