Mostre, Latina, 06 April 2013
Che nostalgia dei tempi in cui l’arte nasceva nei “Café” di Parigi o di Zurigo! L’artista era bohémien non per stile o per status costruito, ma perché soffriva e sacrificava tutto per la sua arte, rimettendoci spesso in salute fisica o mentale. Nei bar, però, ritrovava i suoi simili e quello poteva essere l’inizio di grandi cose: poteva trovare uno scrittore che lo avrebbe consacrato con le sue parole o che, magari, sarebbe stato deriso insieme a lui per averlo lodato, ma era lo stesso; poteva trovare un mecenate, non un gallerista come quelli di oggi, le rock star dell’arte che fanno dell’artista una loro appendice, ma un collezionista vero, pronto a mettere in gioco finanze e credibilità per sostenere il suo protetto; poteva trovare colleghi mossi dallo stesso spirito, competere o collaborare, chiacchierare e bere fino al mattino e portare la testimonianza di quegli scambi nelle sue opere.
Quel mondo è finito molto presto, resistendo appena alla prima guerra mondiale è tramontato dopo la seconda, quando l’opera è diventata merce e come le altre merci è stata consumata voracemente da una società cambiata troppo in fretta.
Cigarettes et café noir vuole rievocare la magia di un mondo fatto di uomini che sanno fermarsi, inebriarsi, osservare, lasciarsi ispirare. Il bar diventa il luogo espositivo ma anche il set di un insieme di esistenze che si incrociano o che si sfiorano appena. Il bar è il posto dove, ancora oggi, ci si prende una pausa, ci si ferma un attimo. Quell’attimo è bastato a Clelia La Gioia per riempire taccuini e fogli di schizzi impregnati dell’odore di caffè forte e di pezzetti di vite rubate in quella pausa dalla frenesia che prepara a ributtarsi e a rincorrere non si sa bene cosa. Quell’attimo è sufficiente perché questa corsa sembri più sensata, soprattutto se ne nasce un’opera d’arte o il taccuino di uno sketcher che, spesso, è la stessa cosa.
di Martina Nardacci (storica dell'arte)
Quel mondo è finito molto presto, resistendo appena alla prima guerra mondiale è tramontato dopo la seconda, quando l’opera è diventata merce e come le altre merci è stata consumata voracemente da una società cambiata troppo in fretta.
Cigarettes et café noir vuole rievocare la magia di un mondo fatto di uomini che sanno fermarsi, inebriarsi, osservare, lasciarsi ispirare. Il bar diventa il luogo espositivo ma anche il set di un insieme di esistenze che si incrociano o che si sfiorano appena. Il bar è il posto dove, ancora oggi, ci si prende una pausa, ci si ferma un attimo. Quell’attimo è bastato a Clelia La Gioia per riempire taccuini e fogli di schizzi impregnati dell’odore di caffè forte e di pezzetti di vite rubate in quella pausa dalla frenesia che prepara a ributtarsi e a rincorrere non si sa bene cosa. Quell’attimo è sufficiente perché questa corsa sembri più sensata, soprattutto se ne nasce un’opera d’arte o il taccuino di uno sketcher che, spesso, è la stessa cosa.
di Martina Nardacci (storica dell'arte)
Commenti 2
Inserisci commento