L'altra parte di sè

Esposizione Palazzo Aperto
Storia e Arte a Murano - Palazzo da Mula

CATERINA VACCARI

[ Murano, a voce ]

“Cercare la verità di una emozione. Questo è il
richiamo dell’Arte”.

Anonimo veneziano
In questa isola che mi piace chiamare materna
perché qui è nata la madre, e qui la nostra artista
veniva a trovare i nonni (e dunque ci sono le radici
di famiglia), in questa dimora storica dal fascino
antico, Caterina Vaccari espone per la prima volta
i suoi dipinti. E’ anche per il pubblico muranese,
però, il primo incontro con la sua pittura. Di solito,
il pubblico delle mostre, che pur apprezza il suo
lavoro, la intimorisce: ogni volta è così.

Però, di Caterina posso dirvi subito che non è
per niente timida quando dipinge! Anzi, come si
può verificare subito, i suoi quadri sono diventati
vere esplosioni di energia, rompono la piattezza
dei cartoni e delle tele, sono pulsanti e carichi di
vibrazioni come se un vento luminoso vi facesse i
capricci. In queste opere, se facciamo attenzione,
si può percepire lo sfogo di un’anima in tensione.

Come succede a ogni persona creativa, anche
Caterina è diventata pittore quando si è formato
in lei quell’impulso imprevedibile che si chiama
ispirazione. Dopo una prima – e molto fervida -
stagione c’è stato un lungo periodo di silenzio
artistico: nessun sviluppo estetico, ma una lunga
pausa, un vuoto. Ma non un vuoto umano: tre
figlie e un marito, il lavoro in ospedale, insomma il
quotidiano, in una parola: il presente che cattura
ogni energia, l’ha impegnata, ne ha assorbito le
risorse inventive chiudendole però – e salvandole
a futura memoria - come un seme in attesa
dell’acqua…. Che per fortuna è arrivata e ha
risvegliato quel potenziale che si era congelato…

Caterina, vedete, ha iniziato a dipingere non
per ambizione artistica ma… per amore: è stato
quando sono arrivate le gemelle Giovanna e
Maria Eva. Le ha “fotografate” con l’acquerello,
fermandole nel tempo, come in una nicchia
amorevole e consegnandoci l’immagine di una
fase meravigliosa della loro esistenza che vola
verso il futuro…

Ma proprio le figlie, che sono state il soggetto
di tanti lavori, hanno fatto maturate insieme con
loro anche la lingua della pittura che le stava
celebrando (e che qui vedete in fasi diverse,
insieme alla terzogenita Margherita). Il colore si è
come alleggerito, quasi svaporando, è diventato
carezzevole e sempre più vicino all’informale,
all’impressione pura.

Ma – attenzione! - non siamo davanti a semplici
bozzetti oppure a schizzi: ogni opera è in sé
compiuta così come noi la vediamo. Al punto, che
ci sembra di percepire in quei riquadri di colore lo
spazio, cioè le profondità, e di percepire l’aria che
vi circola…

Voglio dire che Caterina ha fermato sulla tela o
sulla carta quello che è una impressione della realtà
che nel nostro caso chiamerei semplicemente
vitalità! Vi fa ricordare qualcosa quella
parolina, impressione? Ma certo: vi ricordano
l’Impressionismo, il post-Impressionismo, l’arte
sfaccettata e spesso drammatica del Novecento
che oggi per noi è diventato “il secolo scorso”!

Certi movimenti li conosciamo tutti, certe idee
e certe immagini sembrano fluttuare nell’aria e
contagiare/contaminare chi la respira! Dico questo
perché la pittura di Caterina è di questo tempo, è
un figurativo essenziale, quasi suggerito più che
conclamato.

Ma lasciamo stare gli “ismi”, insomma le etichette,
e guardiamo da vicino questi dipinti. Come si può
notare, ci troviamo in presenza di una figurazione
fresca, direi frizzante e nervosa, un realismo
insomma che rivela una personalità forte (altro
che timida…), così forte che la pennellata ne
registra i sentimenti come fosse un sismografo…
Anche se lei si sforza di non far pesare il colore
stratificandolo, facendo quadri materici come
dicono i critici, e di trasformare ogni tocco in
un soffio: insomma, un tocco leggero che è in
sintonia con le sue emozioni. A questo proposito,
il grande Gillo Dorfles ha detto esplicitamente che
l’arte visuale è “qualcosa che ha sempre a che
fare con il sentimento, con l’emozione”.
La pittura di Caterina è frutto di un gesto veloce,
direi addirittura stenografico che noi riusciamo
comunque a capire grazie alla espressività delle
immagini. Il che significa per lei essere diventata
più matura, più sicura di sé e per noi la scoperta di
una artista in evoluzione.

Ah, dimenticavo. Vi avrà incuriosito il titolo della
mostra, almeno lo spero. Perché, dunque, L’altra
parte di me?
Io avrei un paio di risposte.
1. Una parte importante della nostra artista, parte
vitale sicuramente, è quella costituita dalle sue tre
figlie. Che sono sue come nient’altro può esserlo
nel destino di una donna. Se ci pensate, nel
nostro dialetto, infatti, che i figli sono vìssare, e si
diceva un tempo vissare mie; ma dirò di più: forse
ricordate una famosa commedia di Eduardo, con
quella frase di Filumena che urla: I figli so’ piezz’e
core…
2. Dipingere, per Caterina, cioè creare con il
pensiero e con le mani è un modo di essere:
perciò le pitture sono una parte di lei, della sua
anima che qui oggi si rivela nella sua grazia e
passionalità.

Voglio concludere con parole non mie, ma che
sono rivelatrici e condivisibili. Ho copiato una
frase di Anna Li Vigni (sul Sole24Ore) che dice:
“L’immagine è lì, davanti ai nostri occhi, e richiede
soltanto di essere guardata”. Semplice, vero? Ma
impegnativo… Perché ci può essere arte senza
impegno? Io ho una risposta. Aspetto la vostra.

Grazie e buona visita.

Ivo Prandin