Fondazione degli Archi
Archinet
Le porte dell’arte
Ragusa – dal 20 al 31 marzo 2015
SALVO CATANIA ZINGALI > Opere 2010/2015
Sede Museo Diocesano Palazzo Garofalo
Corso Italia, 87 - 97100 Ragusa tel. ++39 3334819773 fondazionedegliarchi@gmail.com
Una breve ricognizione sul lavoro artistico realizzato da Salvo Catania Zingali in quest'ultimo lustro. L'antologica inizia dal periodo "ri-compensato" attingendo molto alla memoria delle sue creature, riapparse ora in immagini fra lastre di legno; prosegue, poi, tra le carte mobili di neri acrilici sfumati sulla strada e sulle spiagge, di colori stesi in banda larga o a plongée su un irreprensibile cielo di carta; conclude, infine, sulla pittura, sulla sua ombra nera di Golem: una ostinata e fedele chiazza nera, sempre più sciolta, diluita, quasi fino a farla sparire, fra le trame e la materia nascosta delle altre ombre dense e colorate.
Vernissage Venerdì 20 marzo 2015 - ore 19.00
Chiusura 31marzo 2015
Catalogo Edizioni Salarchi Immagini /Archinet Srl
Formato 24 x 29 cm, 144 pagine
Curatore Elisa Mandarà
Organizzazione Fondazione degli Archi
Orario: da martedì a domenica ore 17-21 o su appuntamento
Dal 20 marzo 2015 la sede di Palazzo Garofalo di Ragusa accoglierà la mostra SALVO CATANIA ZINGALI > Opere 2010/2015, a cura di Elisa Mandarà. Saranno esposte oli, disegni acrilici e opere tridimensionali. L'esposizione rimarrà aperta fino al 31 marzo 2015
Dal testo critico di Elisa Mandarà
L’anima catturata delle cose del mondo
Il significato di una parola non ha per me la stessa precisione di quello di un colore. Colori e forme hanno la capacità di affermare in un modo più definito rispetto alle parole.
Le pietre nere raccolte sulla strada che porta alla diga del Glen Canyon hanno assunto un valore simbolico ai miei occhi: in esse vedo la vastità e la meraviglia del cielo e del mondo. Per anni sono rimaste esposte al sole, al vento e alla sabbia che le hanno trasformate in oggetti preziosi per l’occhio e per la mano:oggetti da cercare con trepidazione, da conservare con cura, da amare.
Georgia O’Keeffe
È un percorso in progress quello che oggi, in una sintetica e significativa antologica, ci compartecipa Salvo Catania Zingali. L’accesso quasi invisibile al suo studio, incastonato nel quartiere giudaico di Comiso – occhio di pietra tra lacerti celesti – ci introduce in uno spazio fintamente breve, dal quale si schiude una varietà copiosa di soggetti e spunti, di situazioni esistenziali e simboliche; spazio solo fisicamente breve, dal quale, pagina dopo pagina, ordinatamente, avvertiamo ogni singolo passo che l’artista ha compiuto dentro l’orizzonte largo dell’arte, alla ricerca di una propria specificità di timbro.
I nuclei caldi tematici Catania Zingali ricerca attorno all’uomo. Uomo come socialità e come essere sociale, come presenze oggettuali, come cose di lavoro, che sono contenuto ideale e pure occasione per dispiegare la pennellata magra in una felicità di accordi cromatici, giocati spesso su una selezionata campitura fredda, sulla bicromia, sulla divergenza dal più naturale e consueto regesto mediterraneo, al quale per altri versi il pittore appartiene e consapevolmente si connette.
Non sono, a questo proposito, solo donne sciallate in nero e processioni e volti e cartoline nostalgiche ritagliate da album di famiglia, i fotogrammi che l’artista deduce dal proprio sostrato antropologico, da una Sicilia che non smette di giganteggiare anche per chi formalmente se ne discosta, come nel caso di Catania Zingali. L’ironia, di marca squisitamente sicula, come chiave emozionale d’accesso, questo è tassello di contiguità dell’artista al suo contesto, visitato con delicatezza e impeto, con umana penetrazione e irriverente enfatizzazione del kitsch – si guardi, per esempio, ai cortei religiosi – in situazioni estetiche riconducibili alla tradizione moderna e contemporanea che guarda alla realtà.
Non pensiamo iperrealismo tout court il discorso di Catania Zingali. Non dice questo la preziosa collezione Sulla mia ombra, della più recente stagione creativa, ove i canisono poetico alter ego e insieme termine di dialogo con la propria ombra. A dominare qui è una visione soggettiva, che passa dal vissuto personale e stabilisce una relazione col contesto collettivo sociale. E, nonostante una innegabile volontà di vero, non parla realismo il felice scorcio urbano che s’allunga irruente in Sulla mia ombra 21, un’istantanea febbricitante di un attimo visivo, canonica solo nella centralità di prospettiva, quindi claustrofobica ed eversiva, che ricorda le atmosfere di Fetting, l’incisività dei cromatismi di ascendenza espressionista.
Tra questi poli si muove il linguaggio estetico di Catania Zingali, capace di sospendere cinematograficamente un fotogramma di realtà, da un lato, e di sperimentare, come spiegano gli ultimi lavori, una tensione neoespressionista, emotivamente carica e coinvolgente. Di trasformare il suo mondo in immagine, in colore, in forme. Poiché la sua figurazione ha decantato le istanze Pop e le ragioni dell’Iperrealismo, profilandosi come post, rispetto alla mimesi totale al reale (che pure la informa), alle estetiche dell’esattezza, proiettandosi verso l’invenzione poetica.
Non è poi neutrale la scelta del supporto che l’artista pretende alla pittura, quasi sempre pensata sul multistrato. La tavola, ruvida e reattiva, compare e scompare nell’opera dell’artista, che la vuole protagonista, consentendo che la sua fibra trapeli netta dal colore, con le associazioni e i risvolti semantici che ciò comporta – il senso del ricircolo nel legno, il reimpiego di materiali usati – o quasi affogata dall’olio, che nel tempo ha guadagnato forza e consistenza materica. Il suo è comunque un interesse manifesto nei confronti del materiale utilizzato in sé, più che una propensione concettuale ad esso.
Passando alla nutrita collezione di acrilici su carta, qui spesseggia il dialogo dinamico e originale col cinema, nella serie On the road. La materia alla quale l’artista attinge stringe regioni innumerevoli del mondo, anche se fascinazione speciale esercitano il viaggio americano coast to coast e la galleria malinconica felliniana. E non alla mera riproduzione del fotogramma mira Catania Zingali, che trasferisce nella macchia quel poetico quid d’indeterminatezza, quella sospensione di vita che porta il movimento. Il colore, che è bianco e nero d’autore e che conosce le suggestioni dei grigi, diventa diluito inchiostro calligrafico o tentazione di sogno, che cerca un linguaggio capace di restituire la polisemia del viaggio.
Atmosfere di nuovo lirismo urbano respirano, in seno a tale silloge, le opere Studio 58 e Studio 69, ancora immagini umide di case, cieli, auto, liberamente resi alla carta in una diluizione estrema del colore, verso una espressività liquida, in una sinfonia breve di toni elegantemente contrastati, in un tonalismo riassunto, minimalizzato.
Continuità di materiali Catania Zingali organizza tra l’opera squisitamente pittorica e la serie dei suoi Elementi tridimensionali, contrassegnati anzitutto da una ricercata ibridazione di tipologia. Il Pianovano, il Set di valige, La mia ombra, Numero Uno: è davvero ampia l’estensione delle valenze di questi lavori, che rispondono certo alla volontà di ricorrere a materie umili, istanza che connota peraltro l’arte Povera, in una riqualificazione anticonformista dei sensi e delle finalità dell’opera. Ma senza implicazioni forzate ideologiche, cercando anzi di lacerare la coltre spessa della consuetudine, alla scoperta dell’autenticità dell’universo proprio, con una libertà di raggio testimoniata dalla distillata preziosità del cuore di Numero Uno.
L’impoverimento dei segni – avvertiva di ciò già Celant – riporta all’archetipo. Catania Zingali espone se stesso, la sua concretezza gestuale, d’azione, e ciò comprova il ricorso all’installazione, che sintetizza in unità l’io e le sue proiezioni, in una complessità metaforica, che vede il soggetto abbandonare se stesso, o che lo porta comunque al di là di sé, ad osservarsi.
Matisse invitava l’artista ad adottare mezzi semplici: «Se l’artista ha paura della banalità, non la eviterà esprimendosi in un’apparenza stravagante», avvertiva, aggiungendo quindi che «i suoi mezzi devono derivare quasi per necessità dal suo temperamento».
A questa necessità risponde il fare arte di Salvo Catania Zingali, che conquista la libertà dell’incondizionato, uno stile, e che ordina la corda intatta della sua ispirazione con costanza, coltivando un gusto fisico, operaio e insieme poetico dell’arte. Che con caparbietà, ancora, costruisce un cosmo sistemico umano e palpitante, ora vitalistico ora malinconico, ove non è necessario chiedere se bellezza esista. La rivela l’anima catturata delle cose del mondo.
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