Al nocciolo delle cose, fino alla loro essenza, fino alla loro anima.
Il bosco rifugio e luogo di liberazione, visione dei rami dal basso, il cielo sempre a portata di occhio, filtra tra i rami più o meno vigorosi e gli aghi di luce apparentemente fredda di quel bianco in polvere medoun di cui spesso fa uso l’Artista.
E’ il mondo interiore, la visione del mondo esteriore di Elisa Latini che si rivelano dalla sua opera come tracce che lascia la bassa marea sul ventre di mare che lascia alle sue spalle.
Cosa lascia, sulla fradicia terra, la bassa marea? Non solo ciò che è visibile: le alghe nelle cangianti colorazioni, i sassi più o meno levigati, l’odore aspro del mare, il fresco che rapprende l’anima, i piedi che affondano, l’aria salmastra d’intorno che inebria.
Tutto questo, traslato nelle ambientazioni per nulla marine ma boscose, si rintraccia nell’opera di Elisa.
L’Artista parte dalle preparazioni del piano di lavoro (http://latinielisa.blogspot.it/): le emozioni e le sensazioni trascritte in calce all’opera generano l’albero che c’è in noi. Filtra la luce diafana che desta l’anima sopita nella materia: lì non muore ma vive.
Un’orma, una traccia di quel che sarà, il tratto graffiato, la linea decisa a definire tutto, a circoscrivere spazio e forme. Poi, la vaporosità del colore che mi ricordano le atmosfere di Pierre Bonnard, quel rapporto magico tra luce e figura, il ritmo vitale in breve.
Elisa, a chi la conosce nella sua produzione artistica, disvela un mondo di sola natura, di albero fiorito e infine fruttuoso.
Che siano gli alberi da frutto i suoi preferiti? Tutto ritorna. La semina di colori, più o meno nebulosi, mi riporta a qualcosa di generativo, di mutevole e di vitale al tempo stesso.
Alberi come pietre miliari che indicano confini esistenziali e spazi infiniti, sentieri e vie. Elisa, come Pollicino semina arte a dosi di natura nella naturalezza del suo esistere fatto di frammenti fotografici, di visioni reali e mistiche, di digitalizzazione della materia circostante. Il microcosmo ambientale assume a tratti dimensioni macro fino a rendere il dettaglio, universale.
La sua arte è quasi embrionale, quando dal nulla emerge un blu lapislazzulo o un grigio antracite, quasi a significare che può e deve emergere ad ogni costo, ad ogni modo radicare per germogliare nuovamente.
Che la sua seconda piantumazione primaverile di alberi sia foriera di altre rigogliose piantumazioni. Sarò sempre qui a percorrere i suoi boschi, ad annusare l’aria balsamica delle cortecce, ad incantarmi dei colori dei frutti e degli intrecci dei suoi misterici alberi.
Ad Elisa, ed a alla sua ultima fatica artistica, va un mio vecchio componimento poetico che per il mio sentire profano, equivale alla ricerca necessaria a qualsiasi artista per non replicarsi ma per riprodursi in altro modo, sempre.
Cerco/un tutto che mi avvolga/e che mi svolga,/che mi stringa/e che mi lasci/in un saluto,/in un eterno abbraccio/di mani nude/serrate e brune./Vivo troppo spesso/una vita altrove/ un po’ in ogni dove.
Colomba Di Pasquale
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