La peculiarità della fotografia rispetto agli altri tipi di arte sta nel suo realismo. La storia della pittura moderna è stata, anche, una storia di ripudio di questo realismo. Nelle diverse forme dell’Impressionismo, dei Fauves di Matisse o del Cubismo di Picasso, i pittori hanno continuato a ripudiarlo. Questo perché la pittura proietta sulla tela non ciò che vedono gli occhi, ma ciò che sente l’anima.
Tuttavia nella fotografia, e in particolare nel ramo del ritratto fotografico, l’aspetto fondamentale è catturare il soggetto e renderlo così com’è. Non si può dipingere con un colore qualsiasi a piacimento o distorcere le forme per trasmettere un sentimento. Bisogna fare in modo che il soggetto fotografico stesso esprima quel senso di umanità in grado di risuonare in sintonia con l’anima nascosta dell’apprezzatore. Dopodiché, bisogna fissare sulla carta fotografica quell’istante. Il ritratto, penso, è un ramo della fotografia in grado di mettere in discussione le abilità di un autore.
L’abilità con cui Sakamoto fa sì che i suoi soggetti fotografici esprimano il loro volto più sincero, e lascino fuoriuscire la loro vera natura, sembra quasi il trucco di un mago. Fotografie che riescono a tirare fuori con precisione le peculiarità dei soggetti, e ritrarre la complessità dell’anima umana: impossibile staccare gli occhi da tali opere.
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