Mai una mostra come questa nata con uno spirito verosimilmente provocatorio trattato con la lievità di un sorriso, elementi peculiari dell’arte di Marco Nerieri, trova tutta la sua potenza evocativa in un messaggio di comunione tra popoli e culture diverse proprio dopo gli ultimi eventi d’intolleranza che hanno graffiato l’Italia. I protagonisti, distinti tra clienti e ambulanti, sono ritratti su pannelli di cartone, materia semplice ma anche ricca di sorprendenti prestazioni, una volta scatole utili a contenere della ”merce”. Entrambi messi alla pari, sullo stesso supporto, trattati con l’immediatezza di un segno semplice ma determinante, che caratterizza una ritrattistica schietta e pulita.
Il ritratto, così trattato, perde il suo senso di consacrazione dell’immagine edonistica dell’uomo, sdrammatizzato dalla collisione, sovrapposizione e talvolta compensazione con gli elementi prestampati che caratterizzano il cartone da imballo. Un marchio pubblicitario diviene parte integrante del ritratto stesso, innescando l’intuitiva constatazione che l’uomo, consumatore o venditore che sia, ormai è parte della “merce” che fruisce. Marco Nerieri, corregge con un sorriso la funzione del ritratto in quanto espressione narcisistica dell’estetica umana. Gli strappi del supporto svelano la vera essenza del ritratto in tutta la sua ironica fragilità. La volontà dell’artista di rendere poco distinguibili i ritratti del venditore da quello del cliente, porta ad annientarne le distinzioni, accomunandone gli intenti: in fondo tutti stiamo vendendo qualche cosa, chi un accendino, chi una storia, chi un ricordo, chi una collanina.
Marco Nerieri vuole rompere gli schemi di una logica che, nel luogo comune del quotidiano, fa percepire l’ambulante come una seccatura, un’invadenza da cui dobbiamo difenderci con fantasiosi stratagemmi.
Il venditore che nonostante il nostro volto si scuota in senso di diniego, prova con un sorriso non solo a rifilare paccottiglia cinese, fazzoletti da naso o improponibili calzini, prova forse soltanto ad interagire con la società di cui è parte integrante. Quel sorriso che chiede di dedicare pochi istanti di tempo, quella richiesta di poche monete, per una rosa che si sa appassirà nel momento in cui verrà donata, provoca, nella nostra spesso monotona quotidianità, una fantastica attitudine alla drammaturgia. Chi non ha mai oltrepassato con lo sguardo fingendo di vedere il niente, atteggiandosi come fossimo rapiti da un pensiero importantissimo pur di evitare un incontro diretto con lo sguardo di un ambulante? Ma una volta venuti in contatto verbale con un ambulante, si è spinti a trovare interesse del loro paese di origine. Allora sì che vogliamo sapere tutto sul cibo, sui costumi, sugli animali, quasi volessimo distogliere l’attenzione dall’iniziale proposta di vendita e dimostrare che i veri venditori di fumo siamo noi.
Quindi venditori ambulanti anche noi come loro… forse anche più esperti. Questo sembra suggerirci Marco Nerieri con le sue opere, tutti indispensabili gli uni dagli altri, perché tutti in fondo uguali. I ritratti dei venditori e dei clienti s’identificano con il loro supporto: “Il medium è il messaggio” citando Marshall McLuhan, che diviene simbolo in quanto materia che, in un’era in cui tutti i materiali sono stati sostituiti da plastiche, resta insostituibile. Marco Nerieri, sembra ricordarci, che il cartone è come il venditore ambulante apparentemente disprezzabile, “di poco valore”… ma proprio per questo essenziale, unico come ciascuno di noi.
testo a cura di Marco Testa
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