La performance F I, appositamente ideata per La giornata del Contemporaneo, si sviluppa partendo da alcune considerazioni preliminari riguardanti la rappresentazione e la riproducibilità dell’Unico; da qui l’azione rituale: un gesto premeditato, una recita senza attori, un severo monologo rumorista, pubblica accusa nei confronti dello stretto legame che lega l’arte all’ideologia commerciale della massima fruibilità e alla conseguente diffusione dell’oggetto di origine artistica trasformato in souvenir, t shirt, poster, elemento di decoro domestico. Il pensiero corre non solo alla deriva seriale che riproducendo infinitamente l’opera la rende feticcio da salotto per le masse, ma anche al ribaltamento sorprendente delle prerogative warholiane sul concetto di Pop; infatti mentre l’intuizione dell’avanguardia americana tendeva a serializzare oggetti commerciali di uso comune, così come a rendere “multiple” le star holliwoodiane, oggi pare accadere l’esatto contrario: è l’arte classificata, classicheggiante ed archiviata in memoria collettiva, a farsi gadget clonabile all’infinito, svuotando così di senso la matrice creativa e la forza dinamica dell’opera originale. Quest’ultima, resa prigioniera dalla sovraesposizione coatta di un indotto impietoso ed avido, tende a spegnersi mestamente nel confuso caleidoscopio post-moderno. Confutando così, con la benedizione di Max Stirner, le tesi sulla riproducibilità dell’Arte di Walter Benjamin, tanto preveggenti quanto propedeutiche alle alienanti derive odierne, F I muove l’azione critica con un pubblico proclama: “E’tardi! E’ Tardi!”.
Utilizzando una simbologia subdolamente carrolliana, la maschera del coniglio quale richiamo allo scorrere inesorabile del tempo, l’azione performativa si svolge teatralizzando una tensione iconoclasta solo apparentemente nichilista. L’atto di distruggere infatti non soggiace a pulsioni superficialmente istintive e non si limita solo a perpetrare uno sfregio simbolico nel rassicurante tinello dove s’è accomodato ciò che è detto bello perché piace o che per convenzione deve piacere; attraverso una ritualistica impersonale e con il supporto di rudimentali attrezzature di stile industriale, i simulacri vengono sacrificati in nome di una visione liberatoria dell’arte e di una spinta provocatoria verso steppe di rinnovellato azzardo. L’iniziale gesto di rottura, lungi dall’esaurire la missione prestabilita, per trovare degna prosecuzione necessita naturalmente di uno speculare epilogo; prendendo spunto sia dalle abnormi forme di occultamento progettate da Christo che dalle “Pubelle” realizzate da Arman, il programma performativo vedrà coerente finale nella celebrazione ironica di nuovi, riciclati, feticci contemporanei.
Parteciperanno alla performance: Leonardo da Vinci, Gustav Klimt, Edvard Munch, Vincent Van Gogh, Pablo Picasso.
Donato Novellini
Andrea Sante Taddei
Lucio Decio
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