Opere d’arte originali ed alternative, chiedono tempo e si aspettano di essere comprese, percepite, studiate ed apprezzate nel loro essenzialismo e nella loro complessità.
C’è poco da aggiungere, ‘Quello che ho fatto’ è un’un esposizione in cui a parlare saranno solo i quattro artisti prescelti per trovare una via d’uscita alla banalità artistica attraverso forme e gesti diversi per esistere nel mondo di chi osserva.
Maurizio Bassi si avvale di diversi motivi ispiratori per creare opere di forte impatto e dalle gradi dimensioni che invitano l’osservatore a fermarsi un attimo, riflettere e lasciarsi intrappolare. Senza un preciso motore ispiratore, Bassi si avvicina al supporto e lascia che naturalmente l‘opera diventi creazione, senza un‘idea precisa prende forma lentamente e naturalmente. Grandi formati mozzano il fiato dell’osservatore ed ogni opera è una scoperta tra colori e gesti in quello che diviene un tripudio estetico, un’esplosione inevitabilmente coinvolgente che riesce a sorprendere e stupire. Le opere di Bassi passano dalla rapidità della mano che si dimena tra larghe losanghe a grandi realtà in cu il dripping compie parte del suo lavoro in una casualità che non è mai realmente tale riuscendo a sorprendere sempre.
Luisa Borin Gigì è un’artista dell’anima perché è da lì che tutto parte ed è lì che giunge la sua arte. Si potrebbe dire tanto di Gigì, di quei tessuti adagiati sul supporto casualmente che di casualità hanno ben poco e che nei loro movimenti serbano un’esplosione intima, in realtà, in questo evento, si dirà poco di lei, a parlare saranno solo i colori e le forme delle sue opere. Sete pregiate adagiate con semplicità sul supporto sono l’espressione di un’artista semplice e complessa insieme, umile e grande nel suo essere. Parlano dell’amore per la vita, della meraviglia di ciò che accade nonostante tutto e gridano allo sguardo dell’osservatore con una delicata sfrontatezza che difficilmente si rintraccia nell’arte. Tra soavità e leggerezza l’arte di Gigì arriva dritto all’animo di chi osserva perché a dire sono i colori e le simmetrie che intrigano riuscendo ad intrappolare lo sguardo ed affidare quella dimensione di libertà che ogni opera possiede. Ebbene sì, sono libere queste opere, di vivere e godere la positività della vita anche quando intorno tutto è negativo. Ogni movimento del tessuto è traccia di una storia provata e lottata e le opere si presentano così, semplicemente grandi al pubblico, esattamente come l’animo di chi le genera, maestosamente semplice e grandemente positivo nei confronti della vita e dell’amore, molla generatrice di ogni gesto.
Paolo Pallara si avvale di toni eleganti, sommessi ed intimisti per individuare un’arte raffinatissima e ricercata. Una tecnica sapiente e meticolosa inquadra opere di una raffinatezza estrema , sempre attente ed accurate, sobrie e mai invadenti. Non urlano le opere di Pallara, giungono direttamente allo stomaco attraverso pochi calibrati gesti di sorprendente delicatezza. L‘ho visto negli anni avvalersi di un collagement avulso dalla consuetudine dove anche il rosso diveniva bordeaux intenso, ora quest’arte è esito di una mano maestra, matura e sapiente che sa dove osare e quando fermarsi sul supporto in una resa finale che è una breve ed intensa poesia senza rime, ma talmente diretta in cui nessuno può esimersi dal ritrovarsi.
Fernando Montà è sapienza artistica, estro geniale, grazia con pochi gesti. Avvolti dal fondo nero le ellissi e le sue sfere cromatiche intrappolano l’osservatore tra colore e tecnica; due tele dal doppio fondo immergono in una dimensione irreale a dimostrazione di quanto sia matura la sua arte. Sorprendente confrontarsi con la genialità di un uomo che è un maestro d’arte che ha saputo appropriarsi dell’arte e renderla con una grazia spettacolare lasciando che il colore si adagi sulla superficie anche quando essa è forata. Opere imponenti, di grande carattere evidenziano la precisione di un’arte ricercata, inconsueta che lascia riflettere a lungo per scoprirne novità e goderne della grazia.
[…]
Chiedimi pure perché ho fatto quello che ho fatto, mi hai dato forse un'altra scelta? Come potevo attirare la tua attenzione? Chiedevo solo di esistere nel tuo mondo, chiedevo solo che mi dedicassi un po' di tempo per vedermi davvero, e aiutarmi a trovare una via d'uscita..."
‘Un uomo qualunque’ di Frank Cappello, USA 2007
Sede: Centro Culturale Zerouno,via indipendenza 27, Barletta
Periodo di Riferimento: 29 novembre - 13 dicembre 2017
Patrocini: Fondazione Giuseppe De Nittis
Vernice: mercoledì 29 novembre - ore 18.00 - Orari:. lun- ven. 17.00 - 20.00 sabato e tutte le mattine su appuntamento - dom. chiuso. Ingresso: Libero
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